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La soluzione all’americana per l’auto europea

Le vendite di auto in Europa stanno calando ormai da cinque anni e sembra un crollo senza fine. I dati ufficiali svelati in questi giorni mostrano che le immatricolazioni sono calate di almeno l’11% a settembre, rispetto ai dati del 2011. In Francia la perdita è stata del 18%, in Italia del 26% e in Spagna addirittura del 37%. La Gran Bretagna è stato l’unico mercato a vedere un leggero aumento.
 
Secondo l’Economist, l’Europa era già ricca di stabilimenti nei periodi in cui si riuscivano a vendere circa 17 milioni di auto all’anno. Ora che le vendite si attestano sui 13 milioni, la sovrapproduzione è un problema evidente. Ma finora ci sono stati solo tagli parziali. L’ad di Fiat, Sergio Marchionne, ha visto fallire la sua proposta alla Commissione europea affinché il governo dell’Ue monitorasse e desse indicazioni su un piano drastico di ristrutturazione dell’industria dell’auto, così come aveva fatto il governo statunitense con i tagli al settore durante la crisi finanziaria.
 
Le chiamano razionalizzazioni…
 
Il 24 ottobre la razionalizzazione dolorosa ma necessaria ha fatto un passo avanti e uno indietro. Ford ha rivelato la sua volontà di chiudere uno stabilimento in Belgio, mentre il governo francese ha annunciato il piano di salvataggio di Peugeot-Citroen, condizionata al fatto che il gruppo riesamini il suo progetto di tagliare 6000 posti di lavoro e chiudere l’impianto di Aulnay, vicino Parigi.
 
Il sollievo statale per Peugeot
 
Il salvataggio di Peugeot arriva sotto forma di 7 miliardi di euro di garanzie di credito al braccio finanziario della società, che presta capitali ai clienti e ai venditori. Peugeot deve accettare un sindacalista e un rappresentante governativo nel suo cda, e deve sospendere il pagamento dei dividendi e delle share options. La società ha poi annunciato progressi nella proposta di alleanza con Opel-Vauxhall, il produttore europeo di GM, anch’essa in crisi, e in particolare nel piano di collaborazione su alcuni nuovi modelli, che avranno gran parte delle loro parti interne in comune.
 
I piani di Peugeot e Opel
 
Il passo logico successivo per Peugeot e Opel è la fusione e l’eliminazione dell’eccesso di capacità produttiva, ma questa prospettiva si scontrerebbe con una fiera resistenza statale e sindacale. Le due società sperano che, dividendo i costi per lo sviluppo di modelli, potrebbero risparmiare un miliardo di dollari all’anno entro il 2016. Ma nessuno dei due produttori può concedersi il lusso di guardare così a lungo termine. Peugeot ha già ammesso di bruciare 200 milioni di euro al mese e questo implica l’esaurimento dei capitali a disposizione entro un paio d’anni.
 
La speranza supermini…
 
L’unica speranza è dunque rappresentata da una “supermini”, la Peugeot 208 lanciata all’inizio del 2012, ma per cui si sta già pensando allo stop della produzione, a causa dei dati sulle vendite, più deboli del previsto. GM ha già annunciato la chiusura di uno stabilimento di Opel in Germania, ma la pressione affinché si spinga oltre è molto forte. Morgan Stanley ha suggerito a GM di vendere Opel, ma sembra difficile trovare un acquirente pronto a sborsare fino a 13 miliardi di dollari.
 
La salute di Bmw, Jaguar e Land Rover
 
I produttori europei di automobili del segmento premium stanno viaggiando invece in acque tranquille. BMW, Jaguar e Land Rover stanno assistendo ad un loro boom nei mercati emergenti, e anche Volkswagen, nonostante un calo degli utili, sembra scampare alla crisi del settore.
 
La soluzione all’americana
 
La ristrutturazione dell’industria automobilistica americana, gestita dal Tesoro, ha portato alla chiusura di 18 impianti produttivi. Secondo l’Economist, lo sconvolgimento ha permesso ai produttori di Detroit di riposizionarsi nel mercato, anche se il motivo base del loro recente recupero risiede nella ritrovata fiducia dell’economia statunitense. Con la crisi che si abbatte sull’euro, non succede purtroppo lo stesso in Europa.

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