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Londra mostra i muscoli su Bae/Eads

Un passo avanti, molti indietro. La trattativa tra Gran Bretagna, Francia e Germania sul progetto di fusione tra Bae Systems e Eads continua a complicarsi, mentre si avvicina la data del 10 ottobre, deadline programmata del progetto.
 
Francia e Gran Bretagna venerdì hanno indicato che non si sarebbero opposte alla decisione di Berlino di acquistare il 15% di Eads ora in mano della casa automobilistica Daimler. Ma un’altra disputa è nata nel frattempo tra Londra e Parigi. Funzionari inglesi, si legge sul Wall Street Journal di oggi, hanno infatti richiesto, stendendo una “red line” invalicabile, che la Francia si impegni per mantenere la sua quota al 9% nel nuovo gruppo. Fonti vicine alla trattativa riferiscono che la Francia non solo abbia rifiutato di accettare le condizioni britanniche, ma che abbia avanzato il diritto di salire al 13,5%, con l’acquisto del pacchetto azionario di Lagardère in Eads. E la Germania, che non ha oggi quote in Eads, chiede che le venga riconosciuto lo stesso diritto.
 
Una fonte ha rivelato al Wall Street Journal che le divergenze tra Gran Bretagna e Francia sarebbero state appianate, e che la Francia avrebbe dunque accettato uno stop nella quota azionaria, ma non è chiaro come sarà presentata la risoluzione.
 
Philip Hammond, segretario alla Difesa inglese, ha avvisato domenica che il suo governo considererà l’opzione veto sul merger se Francia e Germania non accettassero di limitare le loro quote nel colosso in fieri. In un’intervista alla BBC ha dichiarato che “è necessario ridurre il pacchetto al di sotto del livello per cui si possono controllare direttamente le decisioni della società”.
 
Il governo inglese è sotto pressione per far rispettare questa “red line”, dopo che 45 membri conservatori del Parlamento hanno scritto al premier David Cameron venerdì avvisando che il merger potrebbe avere gravi conseguenze per l’industria britannica e per gli interessi di Bae negli Stati Uniti.
 
Tuttavia Mike Turner, presidente dei gruppi di ingegneria GKN e Babcock, che ha lavorato per 42 anni alla Bae fino al 2008 dopo sei anni come amministratore delegato, ha dichiarato al Financial Times che quei membri del Parlamento non erano “completamente informati” riguardo la realtà del business. “E’ largamente riconosciuto che larga parte delle operazioni di Bae in Gran Bretagna saranno in crisi nei prossimi anni quando i programmi esistenti termineranno. Perciò – ha proseguito – molti posti di lavoro andranno persi inevitabilmente”.
 
Secondo il Financial Times anche il più grande azionista di Bae segnalerà oggi le sue “significative riserve” riguardo il progetto di fusione. Invesco Perpetual, che detiene infatti più del 13% della società di difesa britannica, delineerà in una dichiarazione i suoi timori sulla transazione e sulle sue eventuali conseguenze sul valore delle azioni degli investitori. Invesco dichiara di “non comprendere la logica strategica”. Sebbene capisca che la fusione potrebbe diversificare i benefici dando accesso al business aerocivile agli investitori di Bae, sostiene che questo obiettivo potrebbe essere raggiunto anche senza merger, sottolineando che il deal rappresenta una minaccia per la distribuzione del dividendo. Bae ha indicato che il pay-out sarà confermato nel breve periodo, ma gli investitori si aspettano che sarà tagliato poco dopo il progetto di fusione con Eads.
 
Il quotidiano della City tira le somme: secondo il Financial Times infatti Londra sta chiedendo il minimo indispensabile e se non si otterrà nemmeno questo, allora il deal dovrebbe essere accantonato.
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