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L’ultima sfida tra Montezemolo e Giannino

Evoluzione naturale a forza di governo o involuzione da annacquamento programmatico? E’ la domanda che si pongono in queste ore gli osservatori politici.
 
Fisiologica evoluzione o patologica involuzione quella di Italia Futura? L’interrogativo nasce dal manifesto pubblicato ieri dal movimento fondato da Luca Cordero di Montezemolo che è stato firmato tra gli altri dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. La firma di Bonanni spiega l’impostazione, tutt’altro che liberista, dell’appello dei cento lanciato dal pensatoio montezemoliano che si candida a fare da collettore per un nuovo contenitore moderato e riformatore.
D’altronde, basta leggere alcuni passaggi del manifesto di ieri di Italia Futura per rendersi conto di quanta differenza ci sia rispetto ai primi documenti, specie di politica economica e di visione della società, di quello che era stato presentato alla nascita solo come un advocacy group.
 
L’evoluzione verso un’impostazione che si richiama anche al popolarismo europeo si rintraccia in questi tre passaggi.
Primo: “Sottolineiamo il valore della sussidiarietà per ogni progetto di rinascita civile ed economica del paese, come un’idea forte della persona e del valore della sua iniziativa anche in risposta ai nuovi bisogni”.
Secondo: “Crediamo nel valore della coesione sociale e riteniamo necessaria una profonda riforma del modello di welfare, come generatore di opportunità e strumento di promozione umana”.
Tre: “Crediamo che il ritorno alla crescita dell´economia italiana possa venire soprattutto dalla riduzione della pressione fiscale, premiando il lavoro, la produzione e la cultura come i fondamentali motori di sviluppo della nazione”.
 
Questo terzo passaggio che può apparire “radicale” in verità è da tempo sostenuto proprio dal leader della Cisl che, di sicuro, è stato tra i propugnatori dei primi due passaggi. Chissà se condivisi dal responsabile Economia di Italia Futura, l’economista liberale e liberista Nicola Rossi, gà in Banca d’Italia e oggi senatore del gruppo misto, oltre che presidente dell’Istituto Bruno Leoni diretto da Andrea Mingardi.
Chi non si è meravigliato della reazione negativa che ci sarebbe stata da parte dell’altro movimento politico in fieri, Fermare il Declino promosso da Oscar Giannino, è stato il commentatore del Corriere della Sera, Antonio Polito, che su Twitter ha cinguettato: “Come previsto, Italia Futura e Fermare il declino si sono già divisi. Uno dei due ci ha guadagnato”.
 
Effettivamente i promotori dell’associazione turbo liberista Fermare il Declino non hanno esitato a stimmatizzare i contenuti del nuovo appello dei montezemoliani, rivelando i motivi per cui gli aderenti al movimento gianniniano non hanno firmato il documento di Italia Futura, “promosso – hanno chiosato maliziosamente – dal centro cattolico e dai dirigenti di Italia Futura”. “Il motivo è incredibilmente facile: nel testo del manifesto non troverete 6 concetti che per noi rappresentavano una conditio sine qua non: taglio alla spesa, riduzione del debito tramite privatizzazioni, libera lizzazioni, selezione democratica dei leader, meritocrazia nella PA e nella giustizia e concorrenza nella sanità e istruzione”.
 
“Con i loro no – scrivono Oscar Giannino, Michele Boldrin, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Andrea Moro, Carlo Stagnaro, Luigi Zingales – hanno perso anche il sostegno di Emma Marcegaglia, Luigi Abete e altri individui e associazioni. Continueremo a batterci per ampie convergenze della società civile, estranee alla vecchia offerta politica, ma basate sulla chiarezza sia politica che programmatica e non sul fumo. I milioni di italiani che protestano chiedono cose concrete, non opacità dietro le quali il passaggio tra seconda e terza repubblica si riduce al giochino “spostati tu che mi metto io”.
Evidentemente Italia Futura ha scelto di imboccare la strada, anche dopo aver nominato i nuovi vertici in cui un ruolo determinante è rivestito da Carlo Calenda, neo coordinatore politico, di una forza politica che vuole contemperare la spinta liberale, le istanze riformatrici e la cultura solidaristica di matrice cattolica.
 
Una base culturale eterogenea? Forse, d’altronde il successo della prima Forza Italia e poi del Pdl è stato anche quello di assemblare idee ed esperienze non collimanti. Al di là dei proclami berlusconiani e delle fascinazioni di Antonio Martino, il centrodestra non ha mai realizzato una vera politica ultraliberista. Ci riusciranno i duri e puri di Fermare il Declino?
 


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