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Netanyahu e la voglia di elezioni in Israele

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha sconvolto il Knesset, il Parlamento israeliano. Dopo aver assicurato che nei quattro anni del suo governo sono tornati la stabilità e la sicurezza in Israele, ha chiesto la dissoluzione dello stesso Knesset e le elezioni anticipate per il prossimo 22 gennaio.
 
“Abbiamo portato crescita e stabilità al Paese, siamo riusciti a salvarci dalla peggiore crisi economica degli ultimi 80 anni. Siamo riusciti a portare sicurezza agli israeliani e abbiamo affrontato un’ondata di immigranti illegali che si pensava potesse essere una minaccia per il futuro di un Israele ebreo e democratico”, ha detto Netanyahu, mentre altri deputati protestavano contro il suo intervento, secondo il New York Times. Nel discorso, che sembra essere un esercizio di quello che sarà la sua campagna elettorale, Netanyahu ha spiegato le ragioni della sua proposta: l’Israele è stato colpito dalla crisi economica – anche se meno di altri Paesi – ed è necessario affrontare le divergenze tra i parlamentare per riuscire ad approvare le misure di austerity.
 
Ma la vera motivazione di questa mossa politica di Netanyahu è rafforzare la propria leadership e così poter sorpassare i condizionamenti dei suoi alleati, secondo Janiki Cingoli, direttore del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (Cipmo). “Non ci sono rivali credibili, non ci sono alternative politiche praticabili, l’opposizione è inesistente. Netanyahu, in effetti, pare avere la capacità di svuotare e risucchiare i potenziali concorrenti”, ha scritto l’analista sul sito di Cipmo.
 
I sondaggi sembrano favorevoli: il partito di Barak potrebbe non entrare alla Knesset, mentre Kadima, il partito di Shaul Mofaz, crollerebbe da 29 seggi a soltanto sette. L’unico a potere fare un po’ d’ombra a Netanyahu, sostiene Cingoli, sembra essere l’ex premier Ehud Olmert. Dopo essere stato assolto dalle accuse di corruzione vuole tornare in scena per candidarsi alla guida di Kadima. E ci sono molte possibilità di farcela.
 
Così Netanyahu, che è il favorito alle elezioni, potrebbe neutralizzare gli altri elementi politici della coalizione e portare avanti una strategia di mano dura contro l’Iran e la minaccia nucleare, secondo l’analisi di Cingoli. Una minaccia che aumenta e che unificherà il Paese nella difesa. Questa bandiera è servita nell’attacco che ha fatto il premier israeliano in Parlamento contro il partito dell’opposizione, secondo il New York Times: “Qualunque persona che sottovaluti la minaccia che rappresenta l’Iran nucleare non merita di governare Israele neanche un solo giorno”, ha detto Netanyahu in chiaro riferimento a Shaul Mofaz del partito Kadima.
 
Così come non ci sono tracce nella campagna elettorale americana, il conflitto israelo-palestinese sarà anche il grande assente nella corsa elettorale di Israele. Neanche se Barack Obama verrà rieletto il prossimo 6 novembre la questione palestinese riemergerà: tutti sembrano sopraffatti dai conflitti del Medio Oriente. Più attenzione ci sarà invece per la rimonta politica – e i suoi effetti geostrategici – dei Fratelli Musulmani.
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