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Più luci che ombre nella strategia energetica di Passera

La Strategia energetica nazionale (Sen) approvata dal governo Monti, il primo piano energetico dal 1988, sta già suscitando consensi, critiche e interrogativi. Le sei settimane in cui la Sen resterà in consultazione per avere il contributo del Parlamento, degli enti di ricerca e delle parti sociali, si annunciano febbrili per il dicastero dello Sviluppo economico retto da Corrado Passera, che con il sottosegretario Claudio De Vincenti ha curato la stesura del documento.
 
In una conversazione con Formiche.net, Davide Tabarelli, economista esperto in materia energetica e presidente di Nomisma Energia, spiega che “il documento è ben fatto, considerando che è stato presentato con il formato della società di consulenza McKinsey che dispone dei migliori analisti in materia, ed è anche ricco di contenuti”.
 
“Gli obiettivi – prosegue Tabarelli – sono tutti condivisibili. La bozza si rivela però troppo ambiziosa e si presta certo a facili critiche perché mancano gli strumenti necessari, ma si tratta di un documento estremamente positivo. Si parla di strategia e cioè di prendere decisioni strutturali nel lungo termine”. Secondo Tabarelli “la difficoltà è che tutti i documenti di programmazione economica sono molto ambiziosi perché devono puntare ad avere l’ottimismo del cuore, e la stessa ambizione è riscontrabile nei piani energetici statunitensi, così come nella Road Map della Commissione europea, presentando obiettivi difficili da realizzare”.
 
La priorità manifatturiera
 
“L’aspetto importante – sottolinea l’esperto – è aver rimesso al primo posto un punto essenziale: l’economicità dell’energia per il nostro sistema economico che è soprattutto manifatturiero, anche se questo sembra un po’ il chiudere le stalle quando i buoi sono già scappati. Inoltre far ridurre le bollette del 20% è estremamente difficile, e anzi, quasi impossibile. In questo senso, sarà già un ottimo risultato se riusciremo ad evitare ulteriori aumenti, considerando la botta delle fonti rinnovabili. Serve dunque la giusta dose di realismo”, osserva.
 
Dov´è il seme del male
 
Tabarelli si concentra anche su un altro aspetto critico: “Il seme del male arriva alla fine del documento con la presentazione delle due tabelle che rappresentano il modello econometrico usato dalla Commissione per stabilire gli obiettivi dei Paesi membri riguardo le rinnovabili e il risparmio energetico. Dal 2006 l’Italia deve infatti presentare documenti di programmazione che in realtà sono piccoli piani energetici, perciò in sostanza la Sen è già stata fatta. I consumi energetici devono sicuramente calare, ma – ammette il presidente di Nomisma Energia – ci troviamo in una fase in cui il Pil è molto basso. Nell’ultimo piano energetico del 1988, si prevedeva una crescita annua del Pil del 3%. Oggi traspare invece il fatto che si accetti una bassa crescita, con l’energia che non è più il punto fondamentale del nostro sistema produttivo”.
 
La questione idrocarburi
 
L´economista apprezza “il focus sull’incentivo alla produzione nazionale di idrocarburi, anche se di fatto queste previsioni stanno già rientrando a causa delle critiche sollevate dagli ambientalisti che in questo modo diventano anti-industriali. In quest’ambito si parla timidamente della produzione nazionale. Importiamo idrocarburi per il 65% dei nostri consumi energetici ed è quindi auspicabile un aumento in questa direzione. Sarebbe stupido non accrescerla, ed è ingiusto che le popolazioni locali vadano ad impedire lo sfruttamento di risorse che sono statali. In questo senso – rincara l’esperto – il ritorno allo Stato della competenze esclusiva in materia di energia, come stabilito dalla legge di stabilità del 9 ottobre, è la prima condizione affinché il documento sia fattibile, considerando che comunque l’80% del sistema energetico oggi viene gestito da reti sovranazionali. Questa, esagerando un po’, è la più importante decisione di politica energetica dal 2001, quando le competenze furono trasferite alle regioni, ed è fuori dalla Sen.”
 
Il dossier rinnovabili
 
Tabarelli ricorda che “siamo stati fra i primi al mondo a parlare di risparmio energetico e di fonti rinnovabili con la legge 308/1982, e questo dimostra che stiamo provando a fare politica energetica da trent’anni, pur restando i cittadini che devono fare più attenzione ai consumi a causa dei prezzi più alti. Il problema – specifica – è che siamo ostaggi della politica europea che prevede efficienza energetica, abbattimento dei livelli di CO2 e piani sulle rinnovabili. Con tutti i limiti che abbiamo le possibilità di fare politica energetica non sono poi tante, e comunque lo Stato, per fare questi piani, non ha più strumenti come i vecchi monopolisti. Oggi l´Enel e l’Eni devono rispondere solo agli azionisti che cercano profitto, questa è la grande differenza”.
 
Secondo Tabarelli il fatto che il documento resterà in consultazione per sei settimane e verrà consegnato in eredità al prossimo Parlamento e al prossimo esecutivo è un fattore positivo. “Si tratta di una strategia a lungo termine, ed è meglio che ci sia un governo politico forte che se ne occupi”, conclude.
 
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