Ancora un incidente sulla metropolitana milanese. Ieri è toccato alla linea 2, la verde: un convoglio si è fermato non si sa bene perché (naturalmente è stata subito ordinata un´inchiesta per stabilire le cause che naturalmente non saranno chiarite) e tutto si è bloccato. Passeggeri costretti a uscire e a correre verso i mezzi di superficie; in poche parole ad arrangiarsi.
Normale amministrazione. Gli incidenti, il malfunzionamento della metropolitana, l´inefficienza del personale, sono ormai una caratteristica meneghina, un po´ come lo smog: nessuno si stupisce. Certo però che fra accettare tutto questo, come fa rassegnata la popolazione, e il vantarsi per il servizio fornito, come fa l´Atm, ci passa una bella differenza.
Il presidente, Bruno Rota, è stato imposto ai vertici dell´azienda dei trasporti milanesi grazie ai soliti maneggi politici: non ha la minima competenza del settore (e questo passi: ci sono i tecnici) e non ha mai avuto esperienze significative di gestione di grandi e complesse imprese.
A chi gli suggeriva di dimettersi, per decenza, dopo quanto è successo durante l´ultimo sciopero dei trasporti, ha risposto sdegnato che Atm sotto la sua presidenza ha migliorato il servizio, che il numero dei guasti è diminuito e simili amenità.
I suoi supporter (dentro e fuori l´azienda) hanno aggiunto: la colpa di quanto succede è di chi è venuto prima di lui, prima di noi. Se i soldi dell´Atm non fossero stati investiti nell´Atm non si sarebbe arrivati a punto in cui si è.
A Rota e a suoi fan bisogna ricordare una regola fondamentale della cultura industriale: quando un signore accetta la carica di numero uno di un´azienda, si assume tutta la responsabilità, anche storica, di quell´azienda. In parole povere, se la prende così com´è. E questo vale per le compagnie petrolifere, per i giornali e, ovviamente, anche le municipalizzate. Se non se la sente, se ritiene che il fardello lasciato dai predecessori sia troppo pesante, non ha che da rinunciare alla nomina.