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A Monti non dispiace fare il premier

Il 16 novembre prossimo, il presidente del Consiglio soffierà la prima candelina un anno dopo il giuramento del suo governo.
 
Questi 360 giorni già trascorsi sono stati vissuti intensamente e, anche se molti cittadini hanno l´impressione che sia trascorso un tempo molto più lungo, questo esecutivo ha rappresentato un punto di svolta profonda nella politica italiana. Ha archiviato solo Berlusconi ma, auspicabilmente, anche una idea di berlusconismo che tanto successo ha raccolto anche fra gli avversari del Pdl.
 
Monti e i suoi tecnici hanno dato prova agli italiani che è possibile portare più competenza e meno clientela nei ministeri. Certo, le decisioni prese dal governo sono state importanti ma anche discutibili.
 
Sulla politica economica, checchè ne dica l´interessato, il ministero dell´Economia ha agito in assoluta continuità con Giulio Tremonti.
 
Bene o male? Si potrebbe dire che forse il professore non aveva fatto così male (anzi) ma anche che quelle correzioni di rotta che si chiedevano, e che erano state annuniate, non sono state poi cosi evidenti.
 
Il tema però che agita i sonni della politica non è il bilancio del governo o la sua agenda (intesa nei contenuti e non come feticcio).
 
La paura di Bersani – non solo la sua, per la verità – è che Monti voglia, possa e riesca a restare in quel palazzo Chigi per altri cinque anni. Il premier da parte sua si mantiene volutamente ambiguo e gioca come il gatto con i topini.
 
Oggi il Corriere anticipa brani di una intervista-prefazione (qui il testo completo) ad un libro autocelebrativo che uscirà a breve per Rizzoli.
 
Quel che farà Monti dopo la fine di questo governo non lo sappiamo. Ma che governare non gli dispiaccia è un sospetto che si fa sempre più legittimo…


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