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Ce lo chiede l’Europa: meno povertà

L’espressione “ce lo chiede l’Europa” è diventata quasi un refrain, ma nel senso peggiorativo e depressivo del termine: austerità, rinunce, tagli al welfare. Proviamo a rovesciare la prospettiva, partendo da un’iniziativa Faro dell’Unione europea illustrata ieri a Roma, quella sulla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.

Approccio pragmatico
Raccogliamo volentieri la provocazione di Alessandro Carbone, moderatore del dibattito e direttore generale di ThinkEurope consulting: se riusciremo a combattere e ridurre la povertà (in numero assoluto, di 2,2 milioni di persone nel prossimo decennio) sarà anche perché Bruxelles ha impostato nella strategia Europa 2020 l’obiettivo di una riduzione di 20 milioni di unità dei soggetti a rischio povertà/esclusione entro il 2020, chiedendo agli Stati membri di impostare una strategia congruente. Gli interventi di dettaglio nel quadro nazionale sono stati illustrati dal Cristina Berliri del Ministero del lavoro. È un terreno su cui è inutile aspettarsi certezze o ricette semplici, univoche. Livelli istituzionali e livelli operativi si interfacciano, e spesso sono le sperimentazioni sul campo a dettare l’agenda e fornire indicazioni utili al legislatore. È un approccio evidence-based che richiede alleanze tra soggetti pubblici e privati, una rete per la diffusione delle migliori pratiche.

La logica di rete
Come aveva vaticinato Jeremy Rifkin dieci anni fa, il sogno “esclusivo” del successo, dell’affermazione individuale contro tutto e tutti, che appartiene all’America (e all’universo simbolico maschile, tradizionalmente inteso) con la crisi economico-finanziaria cede ormai il passo ad un sogno di inclusione più vicino alla tradizione europea (e all’universo simbolico femminile). È uno smottamento significativo su cui alcune istituzioni si trovano più preparate di altre. Da questo punto di vista non è un paradosso che lezioni di innovazione e coraggio istituzionale vengano dal Sud, dai “progetti esemplari” per creare capitale sociale umano illustrati da Anna Marino della Fondazione con il Sud o dalla Legge di Cittadinanza sociale e dalle esperienze della Regione Basilicata, di cui ha parlato Giuseppe Romaniello della Provincia di Potenza. La logica della cooperazione deve vincere su quella della competizione, in questo caso burocratica, che nell’ambito della lotta all’esclusione non ha nulla di “sano” e “virtuoso”.

Le proposte della Comunità di Sant’Egidio
È un’ampia riflessione politico-culturale quella che è stata poi introdotta da Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio.
“Chi è nato in Italia, ha fatto qui un ciclo di scuole dell’obbligo e partecipa da molti anni alla vita civile del Paese – ha detto Marazziti – diventa un patrimonio per l’Italia”: ecco perché bisogna passare dallo ius sanguinis a qualcosa di più complesso dello ius soli (difficile per un Paese di frontiera come il nostro) ad uno ius culturae che rifletta l’investimento dell’Italia in persone che hanno creduto – possiamo sperare, orgogliosamente, non a torto – nella sua ricchezza culturale. In concreto, una nuova legge sulla cittadinanza regolarizzerebbe 500-600 mila minori nelle scuole italiane. Marazziti ha anche deplorato il “dato di partenza scoraggiante” dell’assenza di un reddito di ultima istanza o di cittadinanza, che rappresenta in quasi tutti i Paesi europei il primo vettore di attacco al problema della povertà strutturale.

I punti deboli europei
La mappa “Population at risk of poverty or exclusion” aggiornata al 2009 disegna un’Europa (e un’Italia) a due velocità, con il Mezzogiorno assimilato alle regioni balcaniche, alla Grecia e all’Andalusia nella condizione di arretratezza. Sarebbe facile dire che è una mappa che non piace, non può piacere e non può rappresentare il futuro di un Continente che è proiettato nel Mediterraneo e che dal Mediterraneo trae linfa culturale vitale. Tra Atene e Gerusalemme è nata duemila anni fa l’Europa. Impensabile che la divisione venga accettata come dato di fatto: ci vorrà nel prossimo decennio un impegno, non solo delegato alle banche comunitarie o agli enti finanziari, in direzione del Sud-est europeo, che colmi quel vero e proprio buco nero della geopolitica europea che sta dietro a questa “esclusione regionalizzata” e che rischia di alimentare pregiudizi dannosi.

Per il Dipartimento affari regionali, turismo e sport
http://www.affariregionali.it/

Per Europa 2020
http://ec.europa.eu/europe2020/index_it.htm

Per la Direzione generale occupazione, affari sociali ed inclusione
http://ec.europa.eu/social/home.jsp?langId=it

Per la Comunità di Sant’Egidio
http://www.santegidio.org/

Per la Fondazione con il Sud
http://www.fondazioneconilsud.it/

Per ThinkEurope Consulting
http://www.thinkeuropeconsulting.eu/

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