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Come (non) cambierà la politica estera di Pechino

Il Congresso del Partito comunista cinese sarà molto diverso da quello avvenuto dieci anni fa. D’allora l’economia del Paese è cresciuta in maniera esponenziale fino a diventare la seconda potenza più importante al mondo. Per questo la linea guida della politica estera ha guadagnato una rilevanza globale e l’argomento è diventato cruciale nelle discussioni del vertice.
 
Il presidente Hu Jintao ha assicurato che anche dopo il rinnovo della leadership si manterrà il cammino dello sviluppo pacifico e la Cina continuerà ad impegnarsi in una politica estera indipendente caratterizzata per la pace. Ma se c’è bisogno la Cina difenderà la sovranità e i propri interessi e non cederà alle pressioni esterne. Forse per questo la Repubblica popolare cinese ha quintuplicato negli ultimi anni gli investimenti nella difesa e il mese scorso ha attivato la sua prima portaerei.
 
Nel rapporto presidenziale presentato al Congresso si spiega che la Cina punta alla risoluzione dei conflitti del mondo per via diplomatica. Ma sempre con le giuste distanze: la politica estera cinese è contro l’intervento straniero nei problemi interni di un’altra nazione, l’ingiustificato uso della forza e l’egemonia.
 
La Cina festeggia Obama
 
Il portavoce del Partito comunista cinese, Cai Mingzhao, ha manifestato la speranza che la rielezione del presidente americano Barack Obama possa aiutare a costruire una politica positiva verso la Cina. Negli ultimi anni gli Stati Uniti, in particolare il vicepresidente Joe Biden, ha investito molto per stringere le relazioni con la prossima generazione di leader cinesi. Uno scenario che molto probabilmente non avrebbe avuto continuità con Mitt Romney come presidente. Nella comunicazione delle linee guida della futura politica estera di Pechino c’è stato anche un acceno all’Unione europea e all’aumento dell’impegno nei rapporti. Ma non è stata fatta chiarezza sulla natura di questo avvicinamento.
 
La forza dei Brics
 
Da un’altra parte, il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi, ha detto che i prossimi anni saranno dedicati ad aumentare la cooperazione con i Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) per approfittare della crescita delle economie emergenti. Lo scambio sarà non solo commerciale, ma anche di coordinamento sugli affari regionali e internazionali. Restano all’oscuro ancora le (nuove?) posizioni della Cina rispetto a zone difficili come la Siria, Iran, Taiwan e Tibet. Alcuni critici del regime sostengono che il cambio all’interno del Partito comunista sarà sulla credibilità della leadership e per rafforzare l’economia. Il resto degli attegiamenti rimarrà lo stesso.


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