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Ecco il piano alternativo di sviluppo della Cina

Non esiste il modello Chongqing di cui per mesi si è parlato ogni volta che si citava l´ormai ex stella della politica cinese, Bo Xilai. A decretare la fine di uno dei termini che aveva affascinato gli osservatori internazionali è Zhang Dejiang, che di Bo è il successore alla guida della megalopoli nella Cina sudoccidentale. La frase è stata pronunciata in un incontro con i giornalisti a margine dell´apertura del 18esimo Congresso del Partito comunista cinese. “È mia opinione che quello che è stato definito modello Chongqing non esista”, ha risposto Zhang ai reporter che gli chiedevano quale sarà il futuro della città.
 
A lungo la municipalità ha rappresentato un modello alternativo di sviluppo per la Repubblica popolare, con maggiori interventi dell´amministrazione in campo economico, grandi cantieri edili, tentativi di riforma del sistema di gestione della terra e del permesso di residenza che lega i cinesi al loro luogo di nascita, ridistribuzione della ricchezza, con un richiamo alla retorica e alla iconografia maoista e con una campagna anticriminalità che per i critici fu anche il mezzo per eliminare avversari politici e imprenditori non compiacenti.
 
Al modello Chongqing per un certo tempo fu contrapposto il modello Guangdong, la provincia orientale motore economico della Repubblica popolare guidata dal segretario Wang Yang, nuovamente indicato come uno dei papabili per un seggio nel Comitato permanente del Pcc e considerato un riformatore più aperto al ruolo della società civile.
 
Sempre Zhang ha detto di non avere prove dei rapporti con i servizi segreti britannici di Neil Heywood, l´uomo d´affari britannico per il cui assassinio è stata condannata a morte con sospensione della pena la moglie di Bo, Gu Kailai.
 
La caduta di Bo Xilai è stata il più grave scandalo politico in Cina da decenni le cui ripercussioni hanno turbato l´organizzazione del Congresso. Ha inoltre indebolito le fazioni del partito della cosiddetta sinistra neo maoista che aveva trovato nel leader deposto un punto di riferimento. Ieri è arrivato l´ennesimo atto della vicenda cui si è aggiunta la definitiva espulsione dal Partito di Wang Lijun, braccio destro di Bo nella lotta contro la gang, la cui fuga nel consolato statunitense di Chengdu a febbraio fece esplodere il caso. Wang, già condannato a quindici anni di carcere per abuso d´ufficio, è stato espulso per aver avuto relazioni con un numero imprecisato di donne.
 
Due sono per molti i temi messi sul tavolo da tutto l´affaire Chongqing. Primo, la frattura tra chi continua a sostenere l’importanza dell’intervento dello Stato nell’economia, attraverso il supporto alle grandi aziende statali e chi invece chiede una liberalizzazione e una fine dei monopoli, capace di scatenare una vera e propria economia di mercato. Il secondo, passi avanti nel sistema giudiziario di cui sia l´arbitrarietà della lotta anticriminalità di Bo e Wang sia i procedimenti seguiti alla loro caduta hanno messo in risalto i limiti.
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