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Ecco quello che non abbiamo fatto per evitare la crisi

Più che un congresso di esperti, la tavola rotonda organizzata dal Nicolas Berggruen Institute on Governance settimana scorsa sembrava un ritrovo di vecchie conoscenze che di momenti di difficoltà ne hanno condiviso tante. Perché a parlare erano i vecchi leader europei: l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, l’ex primo ministro britannico Tony Blair, l’ex presidente greco Yorgos Papandreu e l’ex presidente spagnolo Felipe González.
 
Il dibattito si centrava sul futuro dell’Europa dopo la crisi, ma quello che c’è stato sembrava più una retrospettiva storica con un’alta dosi di revisionismo. Secondo la BBC l’incontro a Berlino è un’oasi di saggia riflessione in mezzo agli incendi che colpiscono l’Europa. E sulle conclusioni della discussione c’è il fatto che “l’Europa aveva bisogno di una nuova narrazione. Non poteva unicamente vendere se stessa come promotore per la pace. Anche se la direzione è verso una maggiore integrazione, l´Europa sta diventando unita in diversi livelli”, ha scritto la BBC nella rassegna dell’incontro sul sito. I vecchi colleghi hanno ironizzato su quelle riunioni “urgentissime” che avevano messo le basi per un’unione bancaria che non vedrà luce prima del 2014.
 
Ma passiamo agli interventi: per l’ex presidente spagnolo Felipe González affrontare la crisi oggi è molto diverso rispetto a quando lui era alla guida della Spagna (dal 1982 al 1996). “In realtà c’è un cambiamento nel margine di manovra dei governi di fronte ai sistemi finanziari mondiali”, ha detto González. In questo senso, l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder spiegò che quando è nato l’euro, la Francia voleva equipararsi alla fortezza economica tedesca ma la Germania giocava sull’Unione per mantenere gli equilibri. Per Schröder “l’attuale crisi è una crisi politica, non della moneta e potrebbe avere un effetto paradossale nello stimolare la vera unione europea”. Ed ecco una delle conclusioni più condivise dell’incontro: l’unica via per salvare l’euro – e il progetto dell’Europa – è l’integrazione. In caso contrario, si perderebbero più di 50 anni di sforzo di unificazione.
 
Yorgos Papandreu, presidente della Grecia nel critico periodo dal 2009 al 2011, si è confrontato con il politico e finanziere irlandese Peter Sutherland, membro del Consiglio per il futuro dell’Europa del Berggruen Institute. Anche Tony Blair si è espresso: ha invitato a risolvere la crisi economica attraverso obbiettivi di integrazione politica e di controllo fiscale. Allertò sulla possibilità latente che la Gran Bretagna si staccasse dal processo.
 
Durante il suo intervento, il giornalista Andreas Kluth dell’Economist ha fatto riferimento alle differenze proporzionali di competitività tra i soci di quella grande azienda che è l’Europa con le premesse dell’economista tedesco Hans-Werner Sinn: bisognerebbe ridurre gli stipendi e i prezzi in Grecia e in Spagna del 30%, del 20% in Francia e del 10% in Italia. O permettere che siano alzate le percentuali in Germania, Finlandia e Austria.
 
Lo scetticismo dei cittadini verso il concetto dell’Europa, che ritrovano ostile e una fonte di impoverimento e svantaggi, è stata un’altra delle preoccupazioni discusse durante la giornata. Alla domanda del direttore de El País, Javier Moreno, Blair ha detto che la sfiducia nelle istituzioni europee e nazionali nasce dalla sensazione di vulnerabilità, i cittadini non si sentono protetti, dalla disoccupazione fino alla minaccia di perdere l’assistenza sociale. “La crisi dell’euro ha rivelato la necessità di riforme ma non le ha create”, ha detto l’ex premier.
 
Un giornalista del quotidiano tedesco Bild ha chiesto agli ex leader perché non si lascia l’Europa com’è e si prova a risolvere i problemi politici che ci sono, visto che è quasi impossibile che ci sia più “unione” in futuro. Schröder ha detto che lo stato attuale dell’Unione europea non basta per sostenere una moneta comune e che conservare il livello di oggi sarebbe come tornare indietro.


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