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Il politico italiano vuò fa’ l´americano (ma non ci riuscirà)

In questi giorni, sono stato sollecitato da diverse parti (colleghi, clienti, politici, “amici” di social network, appunto) con quesiti sulla vicenda delle prodigiose profilazioni degli utenti on line nelle Presidenziali USA. Grazie a tecnologie di analisi comportamentale (tradotto: delle “semplici” app di Customer Relationship Management, di quelle che fanno questionari o consentono di condividere contenuti sul web, come esca, e poi analizzano i dati degli utenti e fanno previsioni) Obama e a Romney hanno potuto conoscere a fondo, in modo dettagliato e spesso più affidabile dei sondaggi, chi fossero i propri potenziali elettori. Con le elezioni alle porte anche in Italia, la cosa ha suscitato appetiti e curiosità. Ma attenzione, non è affatto facile seguire le orme di Obama in Italia. Meglio sfogliare la normativa privacy e ragionare con prudenza, caso concreto per caso concreto, per fare le cose bene.

In effetti, gli Stati Uniti sono diversi dall´Europa: qui da noi, nel Vecchio Continente, è impensabile fare profilazioni con dati sensibili per finalità di propaganda o comunque promozionali. I dati sensibili sono i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale (sempre che il concetto di “razza” sia accettabile scientificamente e io, come tanti, ne dubito) ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Insomma, un software che catturasse in un social network e profilasse con fini promozionali l’informazione che Tizio ama le donne o che è sostenitore di una certa idea politica sarebbe, in Italia, fuorilegge per mancanza di autorizzazione del Garante.

E´ invece ipotizzabile, a mio avviso, che un partito decida di sfruttare il “metodo americano” per propaganda comportamentale on line con profilazioni di utenti, pescando anche nei social network, ma sempre e solo chiedendo prima il loro consenso e guardandosi bene dal trattarne dati sensibili (e rispettando altri adempimenti che qui ometto per non farla troppo lunga). Ci sono poi ulteriori questioni a complicare il quadro, come quello che definirei un “tocco di Mida” dei partiti e dei movimenti politici: questi sono particolari titolari del trattamento di dati, in grado di trasformare, a volte, i dati comuni in dati sensibili con un nonnulla (si pensi alle anagrafiche dei simpatizzanti, che di per sé non sarebbero sensibili ma lo diventano in quanto connotanti una preferenza o un’appartenenza politica). Insomma, nella primavera italiana non sarà “facile vincere facile” grazie al web e alla tecnologia, ma qualcosa, anche qui da noi, potrebbe comunque muoversi.


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