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Israele colpisce Hamas. Un danno o un assist per i jihadisti?

Se il primo mandato di Obama è stato orientatato verso il Pacifico e la priorità asiatica, il secondo sarà con ogni probabilità segnato da una rinnovata attenzione al Mediterraneo.
 
Il Medio Oriente torna a essere un luogo incadescente, probabile teatro di un conflitto sempre più esplicito e diffuso. Non c’è solo la stabilizzazione delle primavere arabe e l’accellerazione del regime change in Siria (ieri Assad ha giudicato l’intesa delle opposizioni come una dichiarazione di guerra). 
 
La campagna di Bibi
Al già complesso mosaico dell’area si aggiunge la mossa del premier israeliano, in piena campagna elettorale. Il numero uno della destra al governo nello Stato ebraico, Bibi Netanyahu, ha aspettato poche ore dalla rielezione di Obama per recapitare un messaggio fortissimo, eppure interpretato ambiguamente dagli analisti. 
 
Le origini della mossa
L’attacco che ha portato all’uccisione del capo militare di Hamas, Jaabari, e di alcune vittime innocenti (come il figlio di Jaarabi) fa seguito all’intenzione dichiarata di occupare Gaza. La mossa è dettata dalla posizione non chiara dell’Egitto di Morsi dove le forze islamiche (Fratelli musulmani ma anche salafiti e gruppi della Jihad) attentano a quell’equilibrio messo in piedi da Mubarak. 
 
La controversa relazione Israele-Egitto
Proprio il rapporto fra Israele ed Egitto è il banco di prova dell’efficacia dell’attacco militare di Netanyhau. Secondo i critici del capo di Likud, questa mossa rischia di compattare il fronte radicale e metterebbe in crisi proprio Morsi. Secondo altri analisti, il colpo sferrato dalla difesa israeliana ha il merito di aver dato un segnale chiaro alla galassia jihadista che sta cercando, non senza successi, di conquistare il primato politico nell’intera area spingendosi oltre le consuete zone di influenza e “circondando” i confini di Israele. 
 
Lo scenario non solo israeliano
Quale che si rivelerà l’interpretazione più corretta, non c’è dubbio che la tensione è aumentata e può allargarsi dal Medio Oriente e mettere a repentaglio non solo la precaria stabilità di Libano e Giordania ma avere influenza dal Mali alla Libia, passando per la Siria e quindi mettendo sottopressione le mire regionaliste di Turchia e Qatar. Tutto questo mentre Ahmadinejad e l’Iran minacciosamente tacciono. Per Obama e per l’Europa si prospettano giorni e mesi caldissimi.


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