Pochi argomenti come le Information e communication technology sono così trasversali all´impresa, ai cittadini e alla politica. In realtà, Ict è polis, oggi in Europa.
Confronto serrato imprese – Pa
Ecco perché la discussione sull´Agenda digitale europea che si è tenuta giovedì scorso a Roma sotto l´egida del Dipartimento per gli affari regionali guidato da Calogero Mauceri ha visto business e pubblica amministrazione interloquire, spesso vivacemente, su un settore in cui l´Italia continua a mostrare un forte ritardo.
L´iniziativa Faro ha visto la partecipazione di Lucilla Sioli (Dg Reti di comunicazione, contenuti e tecnologie della Commissione europea), Salvatore Lombardo (direttore generale di Infratel), Paolo Donzelli (Dipartimento digitalizzazione delle Pubbliche amministrazioni e innovazioni tecnologica e coordinatore dei progetti strategici per l´innovazione digitale della Presidenza del Consiglio), Mario Calderini (consigliere per le politiche di ricerca e innovazione del Miur), Alfonso Fuggetta (direttore del Cefriel), Roberto Bedani (direttore generale di Confindustria generale) e Imrich Chlamtac (presidente del centro di ricerche Create-net).
Ritardo digitale
I numeri parlano chiaro: poco più del 50% delle famiglie italiane ha un abbonamento alla banda larga, contro una media europea del 67%, e solo l´1,3% degli abbonamenti sono relativi a velocità superiori ai 100Mb (l´obiettivo europeo è di arrivare al 50% nel 2020). Per quanto riguarda le reti di accesso di nuova generazione (Nga), l´Italia è al terzultimo posto davanti a Grecia e Cipro. Il tutto mentre è chiaro, ed è stato sottolineato a più riprese, che senza banda larga non c´è futuro digitale per il Paese in Europa. Da Bruxelles arriveranno certamente aiuti attraverso il Fondo sociale europeo, quindi per la formazione all´utilizzo degli asset digitali e allo stimolo della domanda. Nel 2014-2020 la sinergia tra piano finanziario pluriennale e strategia di ricerca & sviluppo (“Horizon 2020”) potrà inoltre consentire una migliore integrazione tematica e dunque una maggiore efficacia degli strumenti.
Tuttavia va rilevato che dei circa 15 miliardi di euro di fondi di coesione destinati all´Ict nel 2007-2013 solo 2,3 sono andati alle infrastrutture, dove si è fatta sentire la mancanza di adeguate skills politico-amministrative a livello territoriale. Per l´Italia è un tema ormai, purtroppo, consueto.
La cabina di regia
Saremmo però ingiusti se ci limitassimo a dipingere a tinte fosche la situazione. L´Ict nazionale è in movimento sulla scorta di iniziative come il decreto Crescita 2.0, l´istituzione della Cabina di Regia digitale e dell´Agenzia per l´Italia digitale (entrambe istituite quest´anno), ma anche di precedenti interventi ricompresi nella Spending Review e nel Decreto sviluppo. Un patchwork da cui stanno emergendo però iniziative significative, che testimoniano l´impegno diretto del governo su questo tema. La copertura al 100% delle abitazioni entro il 2013 è a portata di mano (manca un 2-3%). Attraverso progetti di egovernment la Pubblica amministrazione cerca di porsi come generatrice di domanda intelligente e ad alto valore aggiunto, dando forma a “servizi visibili”, cioè a risultati tangibili e apprezzabili dai cittadini, e che mettano a sistema le infrastrutture, spesso inutilizzate o non integrate. Una pietra miliare sarebbe in questo senso il documento unificato di identità. Ma per fare questo è necessaria una centralizzazione degli archivi strategici che non appare affatto scontata.
Inerzie burocratiche
Resistenze e inerzie non mancano. Questo è in parte dovuto alla struttura policentrica della Pubblica Amministrazione, ma genera dei paradossi: per cui non si riesce ancora a costituire un´Anagrafe centralizzata, o a far passare il cloud come paradigma della condivisione e dell´interoperabilità tra database locali. Si vorrebbe inoltre accelerare un processo di switch-off nelle strutture che generano più “carta”: la scuola, la sanità, la giustizia, ecc., magari, come è stato proposto, con una forzatura legislativa come fu nel 2008 il passaggio per decreto alla Tv digitale terrestre.
Se si dovesse però individuare, al di là e al di sopra dei limiti intrinsechi all´Ict italiano un elemento di debolezza strutturale, questo è, a detta degli stessi protagonisti, l´assenza di un referente politico unico con una delega unitaria. Sarà certamente il tema della prossima legislatura, che si intreccia con quello della riforma del Titolo V della Costituzione: rivedere un assetto fragile, non pensato per le grandi sfide tecnologiche, e superare sovrapposizioni e attriti burocratici nella governance dell´innovazione tecnologica.