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L’eredità di Hu Jintao

Lotta contro la corruzione, nessuna riforma in senso multipartitico, sviluppo equilibrato e riferimenti alla Cina come potenza marittima. Il discorso del segretario generale uscente Hu Jintao ha aperto il 18esimo Congresso del Partito comunista cinese che rinnoverà la dirigenza della seconda economia al mondo, segnando il passaggio dalla quarta alla quinta generazione di leader.
 
“Combattere la corruzione e promuovere l´integrità della politica sono due dei temi che premono ai cittadini. Sono obiettivi a lungo termine per il Partito”, ha ricordato Hu agli oltre duemila delegati riuniti nella Grande Sala del popolo a Pechino, paventando una crisi del Pcc stesso e un crollo dello Stato se il nodo non sarà affrontato. Un ammonimento arrivato a conclusione di un anno che ha messo a dura prova l´agognata armonia teorizzata dalla leadership cinese e contraddistinta da una sempre maggiore insofferenza dei cinesi verso i funzionari corrotti.
 
Non a caso l´ultima riunione del Comitato centrale uscente ha ufficializzato l´espulsione dell´ex ministro delle Ferrovie, Liu Zhijun, accusato di corruzione e quella di Bo Xilai su cui pesano accuse anche più gravi, protagonista della lotta tra le fazioni che compongono il Partito e in attesa di processo dopo la condanna della moglie Gu Kailai per l´omicidio dell´uomo d´affari britannico Neil Heywood, che avrebbe aiutato la loro famiglia a portare capitali all´estero.
Sul fronte delle riforme politiche, il segretario uscente ha deluso gli osservatori che speravano in maggiori aperture: “Non dobbiamo proseguire sul vecchio cammino chiuso e rigido, ma allo stesso tempo non possiamo seguire una strada che porta a cambi di bandiera”, ha sottolineato ripetendo la necessità di non meglio definite riforme strutturali.
 
In economia ha enfatizzato l´obiettivo di uno sviluppo bilanciato e sostenibile. Leggi “scientifico”, ossia il termine entrato a far parte del bagaglio teorico del Partito cinque anni fa e che ora potrebbe trovare maggior riconoscimento nello statuto del Pcc.
“Entro il 2020 dobbiamo raddoppiare il Pil raggiunto nel 2010 e il Pil pro capite tanto per i residenti urbani che per quelli rurali” ha ammesso. Secondo gli analisti, questo prevede una crescita attorno al 7%, in calo rispetto ai ritmi cui Pechino aveva abituato il mondo, ma in linea con il rallentamento fatto registrare nell´ultimo anno.
 
Ultimo punto affrontato, la propensione della Cina come potenza marittima. Un messaggio che in molti leggono nell´ottica delle dispute territoriali che oppongono Pechino al Giappone e alle nazioni del Sudest asiatico. E che andrebbe interpretato anche considerata l´ipotesi che una volta scaduto il suo mandato presidenziale Hu possa decidere di mantenere ancora per due anni la poltrona di capo della Commissione militare centrale e di fatto controllare l´esercito.
A detta di molti analisti, il discorso di Hu sembrerebbe confermare l´affermazione di una linea più conservatrice nel futuro comitato permanente. Come nota sulla Bbc Kerry Brown, direttore del Centro studi sulla Cina dell´università di Sydney, difficilmente avrebbe potuto destare sorprese. Normalmente il discorso del presidente davanti al Congresso è un riepilogo di cose fatte o di obiettivi abbastanza generici in cui tutti possano riconoscersi. Il reiterato no alle riforme in senso democratico è per Brown il passaggio più significativo, anche per le ipotesi circolate nelle ultime settimane. Lo stesso passaggio sull´economia, scrive Brown, spiega come il Paese non soltanto stia rallentando, ma debba rallentare e come la dirigenza ne sia consapevole.
 
A contendere la scena a Hu nella seduta d´apertura del Congresso ci ha pensato invece il suo predecessore Jiang Zemin. Dato per morto un anno e mezzo fa il vecchio leader, 86 anni, è vivo e lotta assieme al suo gruppo. Anzi l´attenzione ricevuta negli ultimi tempi fa pensare che continui a far valere la sua influenza sulla politica cinese.

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