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Deindustrializzazione? Bruxelles non ci sta

L’Europa ha una politica industriale? È una domanda che dovrebbe preoccuparci particolarmente, non solo perché l’Italia è ancora un Paese eminentemente industriale che non intende rinunciare, nelle sue componenti più lungimiranti, a questa caratteristica, ma anche perché dall’integrazione di strumenti regolativi e finanziari di Roma e di Bruxelles dipendono le sorti di molti posti di lavoro esistenti e da creare.

L’iniziativa Faro
La risposta alla domanda è affermativa. Non solo la politica industriale c’è, ma è anche crescente l’attenzione che le si dedica, tanto che il documento di indirizzo del 2010 è stato aggiornato poche settimane fa. L’aggiornamento infatti è stato presentato il 10 ottobre scorso, un giorno particolarmente significativo, lo stesso dell’annuncio della mancata fusione tra Eads e BaeSystems. Comunque si legga quell’evento tanto discusso, è chiaro che la tenuta industriale e manifatturiera dipenderà non solo e non tanto dall’aggregazione di “giganti”, ma dalla capacità di innovazione e dalla competitività di una base di piccole e medie imprese che costituiscono, specie in Italia, il referente principale delle azioni di governo. Inoltre la Commissione, pur mantenendo un approccio trasversale attento a tutti i settori, ha individuato sei aree tematiche prioritarie dal punto di vista degli investimenti: manifatturiero avanzato, tecnologie chiave abilitanti, biotecnologie, veicoli puliti, edilizia sostenibile e materie prime, reti intelligenti e spazio. Queste sono anche le parole chiave risuonate all’incontro dello scorso 16 novembre tra esperti italiani ed europei convenuti a Roma per l’iniziativa Faro sulla politica industriale in Europa, sotto l’egida del Dipartimento degli affari regionali, turismo e sport della Presidenza del consiglio. Un’occasione di confronto politico e culturale da cui sono emerse indicazioni, utili per formare una posizione comune del governo e del Paese nella fase di negoziazione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020.

Bruxelles neo-industrialista
La politica industriale, ricordiamolo, è infatti una delle sette priorità flagship o “iniziative faro” in cui si articola la strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Bruxelles è pienamente consapevole che la deindustrializzazione va fermata, non solo per ragioni di difesa dell’occupazione, ma perché senza industria non c’è innovazione e ricerca e non si creano le condizioni per reggere la sfida dei giganti asiatici. È un punto sottolineato dai due rappresentanti della Direzione generale imprese e industria della Commissione, Ruth Paserman e Carlo Pettinelli, rispettivamente a capo dell’unità Europa 2020 e direttore dell’innovazione industriale. Per l’Italia, seconda potenza manifatturiera europea dopo la Germania, si tratta di individuare le vulnerabilità che stanno dietro ai temi al centro del confronto sociale, per esempio quella sulla produttività del lavoro o della bolletta energetica. Vanno dunque aggredite a monte le vere cause, in particolare gli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo oggi fermi all’1,8% del Pil, mentre la quota ottimale sarebbe del 3%.

Dal made in Italy al best of Italy
Il Paese ha bisogno di una razionalizzazione politico-industriale che già si può intravvedere nella messa a fattor comune di risorse ministeriali, nello snellimento delle procedure di bando e nella semplificazione del quadro territoriale, con il passaggio dai 198 distretti alle 8 specializzazioni tematiche, secondo quella logica di smart specialisation richiesta dall’Europa. Solo aderendo a questo quadro, ha sottolineato Carlo Maria Medaglia, è possibile restare competitivi. È possibile cioè passare da una dimensione tradizionale, ma ormai insostenibile e dispersiva, di promozione del “Made in Italy” ad una di selezione del “Best of Italy”. Adolfo Guzzini, patron dell’omonimo gruppo marchigiano, Raffaele Brancati del Met-Economia e Fabrizio Costa di Invitalia hanno fornito ulteriori argomenti a questa linea.
La base industriale c’è, i segnali politici non mancano, ma su infrastrutture, investimenti pubblici e ricerca bisogna proseguire instancabilmente sulla linea tracciata da Bruxelles.

http://ec.europa.eu/enterprise/policies/industrial-competitiveness/industrial-policy/index_en.htm



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