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L’Iraq? Il nuovo pozzo di San Patrizio

L’Iraq? Il nuovo pozzo di san Patrizio degli idrocarburi globali. Iran superato nella produzione di oro nero. Risorse accertate di petrolio e gas in crescita. L’antica Mesopotamia è la meta ambita delle maggiori compagnie energetiche globali.
 
Sempre più importante per l’equilibrio del mercato mondiale delle materie prime, l’Iraq è stato oggetto di una ricerca dell´Agenzia internazionale dell’energia (Aie). Analizzando le prospettive globali del settore, l’organizzazione che rappresenta gli interessi dei consumatori ha definito “un sogno” le potenzialità energetiche di Bagdad.
 

“Riserve enormi, geologia semplice e bassi costi di produzione”, questi i motivi che fanno del Paese mediorientale l’eldorado energetico del prossimo futuro secondo l´Aie. Per il capo economista dell’Aie, Fatih Birol, nei prossimi dieci anni il 45% della crescita anticipata della produzione petrolifera mondiale verrà proprio da Bagdad. Secondo Birol, le qualità possedute dal greggio iracheno non appartengono né alle sabbie bituminose del Canada e nemmeno agli olii combustibili pesanti del Venezuela. Vantaggi a favore di Bagdad anche per quanto riguarda i costi estrattivi.
 
I confronti con il Venezuela
 
Portare alla luce un barile di oro nero in Iraq costa 1,5 dollari. Esattamente la metà del prezzo da pagare in Venezuela. A breve anche il gas farà parte di questo eden energetico. Finora sottoutilizzato, circa la metà dell’oro azzurro prodotto viene infatti bruciata dal flaring, il gas naturale sarà alla base del futuro sviluppo economico del Paese.
 
I programmi di crescita prevedono infatti che entro il 2035 l’Iraq consumerà settanta gigawatt di elettricità. In questo caso, senza un mix energetico in grado di rafforzare la quota di gas destinata al mercato interno, le perdite dovute alle mancate esportazioni di petrolio sarebbero pari a 520 miliardi di dollari.
 
I numeri dell’Aie
 
L’Aie stima infatti che entro il 2035 il greggio venduto sui mercati internazionali porterà nelle casse dello Stato 5mila miliardi di dollari. La cuccagna ha però un suo prezzo. Gli obiettivi esposti saranno raggiunti se almeno il 10%, 530 miliardi, della ricchezza in risorse naturali del Paese tornerà nel settore degli idrocarburi sotto forma di investimenti. Queste le luci del panorama energetico iracheno. A Roma mercoledì 31 ottobre il ministro degli esteri italiano Giovanni Terzi, e l’ad del Cane a sei zampe, Paolo Scaroni, hanno esposto il report sull’Iraq contenuto nel World energy Outlook 2012.
 
Potenzialità e complessità
 
Il dibattito avvenuto alla presenza del responsabile della ricerca Aie ha analizzato potenzialità e complessità della sfida irachena della compagnia fondata da Enrico Mattei. Iraq ricco di idrocarburi ma anche con tanti ostacoli allo sfruttamento. Ecco i timori Eni.

Burocrazia, 17 i livelli autorizzativi, infrastrutture limitate, incertezza politica. Queste le barriere a una programmazione finanziaria che per essere efficace deve obbligatoriamente guardare oltre il presente.
 
Gli impegni del Cane a sei zampe
 
La compagnia italiana ha ribadito gli impegni presi. Investimenti confermati dunque a Zubair, dove l’Eni con il 32,8% gestisce un pool di aziende e capitali pari a 18 miliardi di dollari, di cui 4 o 5 già erogati. Punti interrogativi invece sui progetti futuri. Come Kurna west o Nassiria cui si guarda con entusiasmo in calo.
 
L’Iraq secondo Scaroni
 
Eni non intende però seguire i passi di Exxon e Chevron. Nel 2011 le due aziende energetiche hanno firmato contratti petroliferi privilegiando i rappresentanti della provincia curda dell’Iraq, preferiti alle autorità centrali. ´´Guardiamo ovunque – ha detto Scaroni – e lo facciamo anche col Kurdistan, ma non abbiamo intenzione di muoverci rispetto alle posizioni prese fino a oggi´´. Tuttavia, ha aggiunto l’amministratore delegato del gruppo Eni, ´´il fatto che i grandi vanno in Kurdistan è un campanello d´allarme che il governo di Baghdad non dovrebbe sottovalutare e sono sicuro che non lo farà´´.

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