Il giorno dopo, succede che ricevi decine di mail e sms, di leggere sui giornali i commenti più disparati, molti positivi, alcuni equilibrati, altri più maliziosi ed oggettivamente zuppi di luoghi comuni. E nei social network la discussione si infiamma. In premessa, possiamo trarre una prima conclusione in tutta tranquillità: la convention Verso la Terza Repubblica organizzata sabato a Roma da Italia Futura e le associazioni che le si sono affiancate, ha richiamato migliaia di persone, circa 7000. Quindi la cosiddetta società civile, senza grida da pollaio e slogan improntati al populismo, reclama a buon diritto il suo posto nell´agone politico in vista delle elezioni.
Nel merito, è opportuno che i molti commentatori che si sono impegnati a esprimere giudizi sommari, soprattutto quelli che vedono nell´iniziativa una presunta ricostruzione di un vecchio modello cetaceo da prima e seconda Repubblica, riflettano su alcuni aspetti fondamentali della situazione che vive il Paese e lo scenario che si presenta nei prossimi, difficili anni. Il primo è da ricondurre al fallimento dei partiti. Affermazione questa che può apparire brutale, ma nella sostanza sono proprio gli esponenti al vertice dei partiti medesimi che puntualmente la confermano. I vari Renzi, Vendola, Di Pietro da una parte, le Santanchè, Crosetto, Galan e un certo Samorì dall´altra, sono i primi attori di una commedia oramai all´epilogo.
Maliziosamente, non è un caso che i primi commenti di Alfano esprimano una certa simpatia verso il rassemblement di Montezemolo. Così come molti esponenti dell´area moderata e liberal del Pd si sono affrettati ad annunci di affinità, ed erano presenti alla convention di sabato. Il secondo punto riguarda l´eterogeneità della società italiana e l´importanza storica che rivestono le prossime elezioni politiche, ancora più fondamentali di quelle successive alla tragedia del secondo conflitto mondiale. Esperienze e culture oggettivamente diverse sono da sempre una caratteristica evidente del dna del Paese. Il grande merito del lavoro svolto in questi anni da Italia Futura è stato quello di aver saputo trovare un denominatore comune sul quale è possibile far convergere le diverse essenze e unire le energie volte a un necessario rinnovamento.
Impresa non da poco quella di aver dato vita a un grande movimento civico, dove cattolici popolari, laici riformisti, esponenti dell´impresa e del lavoro possano operare congiuntamente nell´interesse del Paese. Peraltro, aprendo le porte anche a quei partiti che sapranno cogliere la difficoltà delle sfide che ci attendono nei prossimi anni, senza arroccarsi negli schemi di vecchie nomenclature, ma aprendosi al confronto. Come ha più volte ribadito Montezemolo nel suo intervento, le porte sono spalancate. Anche per gli amici di Fermare il Declino, la cui indubbia competenza sui temi economici dovrebbe, a mio avviso, essere messa a disposizione senza eccessi di personalismi e preclusioni che, spesso, appaiono elitarie. Leggasi come un personalissimo invito agli amici Oscar Giannino, Carlo Stagnaro e Alessandro De Nicola…
Infine il terzo punto, quello a mio avviso fondamentale per il destino del Paese: l´Europa. Chi oggi pensa che le decisioni in Italia possano prescindere da quelle europee è un folle oppure è in malafede. Comunque sbaglia. Il lavoro svolto da Mario Monti nel consesso europeo non ha bisogno di commenti: l´evidenza parla da sola. Non esiste altra figura che possa consentire all´Italia un´adeguata autorità nel futuro dibattito che non sia il Premier. Esercitare un ruolo da protagonisti in Europa nei prossimi anni per non essere posti in secondo piano da un modello tedesco che per molte ragioni tende ad imporre la propria visione, richiede di proseguire sulla via tracciata.
Dare fondamento democratico, ovvero elettorale al percorso avviato da Monti e dal suo governo consentirebbe di raggiungere questo e altri traguardi, compreso quello non meno importante di accelerare sulla via delle riforme liberali oggi ostruita da una maggioranza quantomeno anomala. Quindi, nessun nuovo cetaceo all´orizzonte, ma un movimento trasversale basato su principi semplici, riconducibili a un unico presupposto: la cultura del fare opposta al populismo demagogico. La Balena bianca che vive nei ricordi è solo quella del capitano Achab che guida un intero equipaggio attraverso la folle impresa di caccia al candido Leviatano. Ai critici ed agli scettici dico che a me pare essere proprio questa la storia che abbiamo vissuto negli ultimi anni: sabato scorso, a Roma, abbiamo iniziato a scrivere un nuovo libro.