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Oh quanto sono vanesi i ministri tecnici. Vero Fornero?

Ripubblichiamo grazie all’autorizzazione dell’autore l’editoriale odierno del quotidiano Italia Oggi scritto dal direttore Pierluigi Magnaschi.

La recordman (o si dice record woman? mah!) delle apparizioni pubbliche è sicuramente il ministro del Lavoro Elsa Fornero. Ma anche il ministro della Giustizia, Paola Severino, non scherza. E pure i loro colleghi di governo, chi più chi meno, sono difficilmente battibili.

Costoro, oltre al pesante lavoro ministeriale (dove vengono predisposte e debbono essere difese leggi molto complesse e delicate), debbono seguire il lavoro delle commissioni parlamentari, del consiglio dei ministri e dell’Aula.

Dovrebbero quindi essere oberati da questi impegni diciamo così istituzionali, cioè strettamente connessi al loro ruolo di ministri. E invece se ne vanno in giro giulivi (non solo a Roma, ma in tutto il paese e spesso anche all’estero) per partecipare a tavole rotonde, seminari, manifestazioni, incontri, meeting, presentazioni di libri, anniversari, inaugurazioni, talk show, comparsate. È una girandola di appuntamenti che abbatterebbero anche un toro. E invece costoro trotterellano giulivi fra un appuntamento e l’altro.

Vien di chiedersi: costoro godono, fra i tanti privilegi, anche quello di giornate di 48 ore? Oppure, se non godono di questo benefit, essi trascurano i doveri per i quali sono stati nominati ministri?

A occhio e croce i ministri esibizionisti, in base al crudele responso che può fornire l’orologio, trascurano quindi i loro doveri pur di esibirsi, mostrarsi, intrattenere, essere riveriti, ripresi, omaggiati, interpellati. La coltivazione dell’elettorato, la pasturazione del consenso è una delle necessità del politico di professione che cerca di essere conosciuto perché, di tanto in tanto, se vuol mantenere il suo posto, deve anche ottenere dei voti.

Ma i ministri tecnici, che sono stati chiamati al loro posto per chiamata superiore e non hanno dovuto spendere, per arrivare a capo di un ministero, il loro tempo a dar retta a dei galoppini importuni e sudaticci o a setacciare sezioni di partito che sanno di muffa e che, alla fine del mandato, torneranno a un posto che li ha attesi e che assicura loro un futuro più che dignitoso, li credevo meno vanesi e più legati alle sudate carte.

Quelle che, se sono guardate in fretta, tra un convegno e l’altro, danno luogo, ad esempio, all’immenso problema degli esodati che, con un minimo di attenzione e di dedizione, poteva essere calcolato e prevenuto.


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