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Petraeus: due donne? O due intelligence?

Il generalissimo, il più grande stratega dopo Eisenhower, il pacificatore dell’Iraq, potenziale candidato alla Casa Bianca fra quattro anni (Hillary permettendo) rovinato da due donne… e dall’FBI.
 
La realtà supera la fantasia o meglio le più fervide fantasie diventano realtà. La storia della boccaccesca fine di David Petraeus, con tutti i dettagli, viene raccontata dal New York Times. E fa chiarezza su teorie eccessivamente complottistiche, ma conferma quel che la storia ci ha già insegnato: la competizione, la guerra persino, tra le due grandi agenzie che vegliano sulla sicurezza degli americani e sul potere a stelle e strisce: il Federal Bureau of Investigation e la Central Intelligence Agency. E tutti i giornali ricordano il diabolico John Edgar Hoover o il terribile triangolo del ricatto tra JFK-Marilyn e Sam Giancana, il boss dei boss di Cosa Nostra.
 
Ma, a questo punto, è meglio abbandonare le iperboli e scendere a terra. Lasciando perdere i romanzi sull’amore, il sesso, i tradimenti, la guerra e il rock ‘n roll. Petraeus è stato un brillantissimo generale in Iraq guidando il surge che, dall’inverno 2006-2007, ha consentito di riprendere il controllo militare sul terreno aprendo la strada alla onorevole ritirata. Non è stato altrettanto bravo in Afghanistan. La situazione è diversa, i nemici sono molti (anche e soprattutto dietro le spalle) e la stessa strategia non ha funzionato. Come capo della Cia è stato travolto dal pasticcio di Bengasi, nella notte dell’11 settembre, quando venne ucciso Chris Stevens, l’ambasciatore americano in Libia, grande esperto di Medio Oriente e anti-terrorismo, attivo nella rivolta che ha portato alla morte di Gheddafi.
 
Un clamoroso fallimento dell’intelligence che, secondo molti, avrebbe dovuto già portare alle dimissioni di Petraeus. Solo la campagna elettorale ha spinto a rinviare il regolamento dei conti, guidato dal Dipartimento di Stato. Hillary Clinton ora lascia per prepararsi all’appuntamento presidenziale fra quattro anni (così si dice). Ma tutti i vertici di Foggy Bottom (come chiamano il ministero degli Esteri) sono furiosi.
 
Svelare l’intreccio di passioni e vendette, che l’Fbi conosceva fin dall’estate scorsa, rappresenta l’ultimo atto di una discesa rapida che si è trasformata in una rovinosa caduta. Ragion di stato (o meglio di politica elettorale) hanno rinviato il tutto. Adesso Obama si trova ad affrontare una rogna serissima. Il vertice dell’intelligence decapitato rende più complicato il cambiamento dell’amministrazione. E rende più urgenti scelte che avrebbero potuto essere prese con meno fretta.
 
Stefano Cingolani

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