Debito e austerità non sembrano le ossessioni della sola Eurozona, ma le declinazioni del rigore finanziario Oltremanica si differenziano da quelle dei ministri delle Finanze di Bruxelles e tendono una mano al mondo produttivo.
La Gran Bretagna prolungherà infatti la sua manovra di austerità, avviata nel complesso nel 2008, fino al 2018 in considerazione del taglio delle previsioni sulla crescita e dei mancati obiettivi di riduzione del debito, abbinandola però a un piano di agevolazioni fiscali per le imprese.
Il Cancelliere allo Scacchiere, George Osborne, ha dichiarato ieri durante l’appuntamento dell’Autumn Statement che la Gran Bretagna è ancora determinata a eliminare il suo deficit, nonostante questo richiederà più tempo di quanto previsto inizialmente. “L’Inghilterra è sulla giusta strada e cambiare strategia ora sarebbe un disastro”, ha detto al Parlamento.
Il commento di Fitch
Le dichiarazioni di Osborne non hanno scacciato i timori di un downgrade della Gran Bretagna, che cerca di difendere la sua tripla A, e la reazione delle agenzie di rating non si è fatta aspettare. “Secondo noi, non centrare il bersaglio indebolisce la credibilità fiscale britannica, che è uno dei pilastri che sostiene il rating”, ha spiegato Fitch.
Gli incentivi allo sviluppo
Ma i mancati obiettivi sul debito non hanno ristretto lo sguardo del del premier Cameron sulla sola austerità. La coalizione di governo ha annunciato infatti un’altra “sforbiciata alla corporation tax che nel 2014 scenderà dal previsto 22% al 21%, primato fra le grandi economie del mondo, e la temporanea moltiplicazione per dieci della quota di investimenti per macchinari e impianti deducibili. “Dal primo gennaio infatti – si legge sul Sole 24 Ore – il tetto di 25mila sterline da scontare dalle imposte salirà a 250mila, mossa introdotta per far spingere manifattura e Pmi, i due fronti aperti di Londra per riequilibrare la propria economia. “La pressione fiscale in America è al 40%, in Francia al 33% e in Germania al 29%”, si è vantato Osborne
I numeri dell’Inghilterra
Nel breve periodo, Osborne pensa dunque a un pacchetto fiscale neutro che offra aiuto alle imprese e alle famiglie. Le risorse finanziarie sono state trovate dai benefici sanitari e pensionistici dei più ricchi e spostate alla classe media, determinante per le elezioni.
“L’euforia seguita al +1% fatto registrare nel Pil del terzo trimestre del 2012 ha lasciato, infatti, spazio a numeri negativi. L’anno in corso – prosegue il Sole 24 Ore – si chiuderà con una contrazione dell’economia dello 0,1% rispetto allo 0,8% immaginato otto mesi fa. Il Cancelliere ha ammesso che potrà raggiungere il target solo nel 2016-2017 quando avrà sfiorato l’80% circa del Pil. Londra chiuderà invece con un disavanzo del 6,9%, un punto in meno rispetto allo scorso anno, per poi calare al 6,1 nel 2013 e raggiungere l’1,6 nel 2018”.
La chiosa del Financial Times
“La ripresa britannica dalla crisi è più lenta di quella da ogni altro periodo di recessione registrata, e il calo del Pil è il più profondo e il più duraturo dalla guerra”, sottolinea il Financial Times.
I cinguettii di de Bortoli e Cingolani
La Gran Bretagna resta dunque al bivio. “L’austerità inglese è all’80 per cento taglio spese e 20 per cento tasse, e alle imprese il fisco ha fatto persino uno sconto”, ha scritto su Twitter Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera. Ma non si può ignorare l’altra faccia della medaglia, come evidenziato dal tweet dell’editorialista Stefano Cingolani: “Ma Uk non ha evitato la recessione e i laburisti vincono le by elections. Chi ha la ricetta giusta alzi la mano”.