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Caro Berlusconi, mi permetta: si contenga

Caro presidente Berlusconi,

mi consenta di darle qualche modesto consiglio, da giornalista stagionato e battitore libero scevro di servo encomio e di codardo oltraggio, come scriveva un suo preclaro concittadino.

Fa benissimo a protestare con il massimo di veemenza contro le vergognose reazioni di certa stampa e certi politici nei confronti del suo ritorno in campo.

Ma, poiché lei stesso ricorda di essere un europeista convinto e uno statista, le suggerirei, nella lingua che ama, di laisser tomber. Non si curi di loro, ma guardi avanti.

Per questo, sbaglia quando dice chi se ne frega dello spread. Proprio lei, un imprenditore che ha quotato in Borsa le sue aziende, sa bene che i prezzi vengono fatti dal mercato, ciò vale per Mediaset come per i Btp.

Il mercato non è perfetto? Vero. Può essere manipolato? Verissimo. Ma certi suoi consiglieri vogliono farle credere che è tutto un imbroglio. Non dia retta, sono maestri (cattivi) del nullismo massimalista. Paradossalmente, la pensano come Loretta Napoleoni, portata agli altari della notorietà da Michele Santoro: il capitalismo è solo un’economia criminale.

Sciocchezze, consenta che glielo dica chi in gioventù ha bazzicato con il comunismo e studiato tutti e tre i volumi del Capitale: Karl Marx non la pensava così, lui considerava l’economia politica una scienza e il mercato la forma più sofisticata delle relazioni economico-sociali finora messa in campo dall’umanità. Genera ingiustizie, ma non è un’illusione. Dunque, lasci stare le facilonerie propagandistiche e si ripresenti nelle sue vere vesti di capitalista, liberale, capo di una destra italiana che ha sdoganato per renderla forza di governo, non un manipolo di agit prop o, peggio, di manganellatori più o meno virtuali.

Non solo. Il suo ritorno in politica non deve essere la rivincita di un uomo agé, umiliato e risentito, ma la scelta inevitabile di fronte alla incapacità della sua parte politica di rinnovarsi ed esprimere consenso su una nuova leadership. Una risposta al pericolo di frantumazione della destra, attratta da una deriva lepenista, xenofoba, forcaiola; per riprendere il cammino interrotto verso la costruzione di un grande raggruppamento moderato, stabile, solido, affidabile. Una destra europea che sfida una sinistra europea.

Sì, europea, perché è inutile girarci attorno: la politica italiana non ha futuro fuori da una prospettiva quanto meno continentale. Nella campagna elettorale interagisce anche un “partito forestiero”. E’ inevitabile, perché siamo integrati non solo nell’Unione, ma nell’Eurolandia e da qui non possiamo più uscire. Lei fa parte del Partito popolare europeo, così come Bersani fa parte del partito socialista europeo. E nessuno vuole abbandonare queste nuove famiglie politiche per quanto composite e litigiose esse siano.

Si batta con tutta l’energia di cui è capace per sostenere il diritto dell’Italia a far valere gli interessi nazionali in questo contesto sovranazionale (del resto è quel che dovrebbe fare anche la sinistra dal suo punto di vista). Ma si tappi gli orecchi con la cera di fronte alle malefiche sirene che cantano il ritorno alla lira. A meno che lei non voglia spingere gli italiani a subire un taglio nel valore dei titoli di Stato in portafoglio di almeno la metà, mentre un’altra bella fetta dei loro denari liquidi evaporano per effetto dell’inflazione.

Insomma, l’Italia come l’Argentina e lo dovrà spiegare innanzitutto ai suoi elettori, piccola borghesia, redditieri, imprenditori, il popolo delle partite Iva, gente che tiene, e giustamente, a conservare quella risorsa nazionale tutelata dalla costituzione che si chiama risparmio.

Lei non guida certo un manipolo di sanculotti né di “lazzaroni”, tanto meno il quarto stato in marcia. Il suo è il partito della borghesia, solidi conservatori che si contrappongono a una sinistra che cerca di tenere insieme i diritti dei gay e quelli dei metalmeccanici. O no? Così per lo meno dovrebbe essere se l’Italia fosse una democrazia normale, se la sua classe dirigente non venisse sempre tentata dal tarlo del sovversivismo dall’alto.

Caro Cav., come la chiamano gli amici del Foglio, la sua mossa ardita può favorire una razionalizzazione del sistema politico se Mario Monti entra in lizza per il centro. Dunque, si presenti quasi fosse Michael Bloomberg a New York o Margaret Thatcher a Londra o Georges Pompidou (che era il banchiere dei Rothschild) a Parigi. Leader e padre nobile ormai (bisogna rassegnarsi orazianamente al tempo che fugge rapido) di una destra moderna e democratica in uno dei grandi Paesi d’Europa.

Per i nostalgici dell’Italietta, mi consenta, non c’è più spazio.

Stefano Cingolani


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