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Caro Renzi, per vincere non basta Twitter

Fine dei giochi. Fine dei fuochi d’artificio. Fine della festa. Un tiepido applauso finale e tutti a casa. Le primarie del Partito Democratico si sono concluse. Ha vinto Pierluigi Bersani e mica di poco. Mancano ancora circa un migliaio di seggi al completamento dello scrutinio ma il trend ormai, per il sindaco di Firenze, è tragicamente quello. Più del 60% per il segretario del Pd contro il 39% di Matteo Renzi. Inutile nascondersi dietro un dito. Il 40% è un risultato di tutto rispetto dice qualcuno. Vero, ma solo quando si gioca in quattro o cinque. In due è una batosta e nient’altro.

Al di là di ogni considerazione politica sulla vicenda, quello che viene fuori dal confronto elettorale di oggi è un dato indiscutibile. I social network non vanno d’accordo con la politica. La campagna elettorale di Matteo Renzi è stata giocata sul Web più di quella di tutti gli altri protagonisti delle primarie messi insieme.

Lascio l’analisi politica ad altri. Voglio solo enfatizzare un punto. Può quasi sembrare bizzarro che sia finita in questo modo. A ben guardare l’entusiasmo che circolava nei giorni scorsi su Facebook e Twitter a favore del sindaco di Firenze, sembrava che la vittoria fosse a un passo. E invece, come nel peggior incubo, nisba. Come mai questo scollamento tra quello che era il “sentiment” diffuso sulla rete su Renzi e il brutale risultato uscito fuori da queste consultazioni? E’ semplice. I social network non forniscono un campione rappresentativo della totalità della popolazione. E’ un po’ come ritrovarsi in mezzo a una banda di ultras per cui esiste solo e nient’altro che la propria squadra. Poi esci fuori dallo stadio e ti accorgi che c’è un mondo al di là del muro.

A Matteo Renzi va riconosciuto di aver attizzato il fuoco e l’attenzione mediatica su queste primarie. Senza di lui la competizione sarebbe risultata molto più noiosa. Ha coinvolto e trainato. Ha fatto però un favore più al “vecchio” establishment che non a se stesso.

Solo un consiglio. Scolpitevelo nel cervello. Non bastano i like o i retweet per vincere una sfida elettorale. La vita reale è tutt’altra cosa rispetto alla distorta rappresentazione fatta di bit che governa la rete. I social network non smuovono mezzo voto.

(sintesi di un articolo più ampio che si può leggere qui)

 



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