Il centro montiano sarà determinante nell’orientare il risultato elettorale. Se il premier sarà comunque testimonial, non vi è dubbio che Pier Ferdinando Casini si sia conquistato sul campo i galloni di gran tessitore della nuova trama. Al netto delle tante sfumature possibili (ben più di cinquanta…), gli scenari si riducono a due: l’accordo con il Pd prima o dopo le elezioni. Il leader dell’Udc, così come Montezemolo e lo stesso Monti, non hanno ancora preso la decisione. Per capire l’aria che tira vale la pena leggere le righe dell’intervista che oggi Casini ha rilasciato al Corriere della Sera.
“Tutti sanno quanto stimi Bersani, ma in questi giorni emerge una vecchia tendenza del passato: si parla di incontro tra progressisti e moderati ma si vuole un centro piccolo, che non dia fastidio e che sia magari disponibile a fare sconti programmatici in cambio di qualche poltrona. Non è stato il mio caso in passato e non lo sarà in futuro. In realtà il Pd ha sottovalutato le conseguenze dell’alleanza con Vendola”. Il capo di Sel è la bestia nera dei centristi. Il suo profilo radicale ed il proclamato antimontismo sono due caratteristiche che lo rendono indigesto a Casini & co. Il no quindi a Bersani non è figlio di un pregiudizio contro il Pd, semmai l’invito ad essere più coerenti con il loro appoggio al governo. Proprio la conlusione dell’intervista è la chiave di volta. Sostiene Casini: “noi lottiamo con le nostre idee al centro, poi si vedrà. Certo, devo ricordare ai democratici che là dove hanno fatto scelte coraggiose alleandosi con noi, come nelle Marche o in Sicilia, la coalizione riformisti-moderati è risultata vincente”. Più chiaro di così, non si può. Tocca a Bersani scegliere fra Casini-Monti e Vendola.