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Tutti delusi da Morsi

Rich Lowry è deluso. E su Politico mette tutti al corrente della sua delusione. L’Egitto sta passando da una forma di oppressione all’altra. Dalla dittatura secolare a quella, sicuramente più atroce visto che con Hosni Mubarak ci abbiamo convissuto più o meno trent’anni, dei Fratelli musulmani. E comprensibilmente a Lowry questo non piace. Una delusione perché dopo l’inganno – fatto da ognuno di noi a se stesso si presume- della democraticità dei Fratelli, ora la verità avanza.

L’organizzazione islamista aveva giurato (davvero?) che non avrebbe preso parte alle presidenziali egiziane e ora invece ha piazzato un suo uomo alla testa del Paese. Tante illusioni sulla democraticità di Mohammed Morsi per scoprire ora che ora al potere c’è chi vuole mettere la sharia alla base della nuova Costituzione egiziana. Ma è forse una sharia diversa da quella che fino a due anni fa i regimi mediorientali secolari proclamavano fonte del proprio diritto?

A supporto delle proprie tesi l’analista americano porta innanzitutto le affermazioni di tutti coloro che la pensano più o meno come lui. Punti di vista seri, coerenti e importanti. Non va bene invece l’ingenuità di Obama e il liberalismo naif di amministrazione statunitense e New York Times. Che altro poteva aspettarsi, si chiede Lowry, il presidente americano da uno che era stato leader dell’organizzazione islamista? “Sfortunatamente” ribatte il politologo americano, Morsi condivide il credo dei Fratelli e durante la campagna elettorale invocava “sharia, sharia e sharia”.

Ma che altro aspettarsi da un candidato islamico in campagna elettorale in un Paese formato in gran parte da ferventi credenti islamici? Davvero vi è stato qualcuno, come scrive Lowry, che ha visto in Morsi un rappresentante della “socialdemocrazia islamica”? È costui sta ancora al suo posto? Morsi un moderato? Forse. Un pragmatico? Sicuramente a giudicare da come agisce.

E gli Usa? Solo ingenui, oppure si può ricordare qualche altra tradizione della superpotenza? Quella per esempio guidata dal principio, “è un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana”. Dopo Mubarak, il prossimo figlio di puttana sarà Morsi? Quanto a Putin e a quello che Bush ci ha visto negli occhi, la storia nasce nel 2000. Al presidente russo era andato a fuoco qualcosa. Dopo aver raccontato l’incendio ha mostrato al collega l’unica cosa uscita indenne dalle fiamme. Una croce ortodossa. Bush ci ha visto la verità. Difficile pensare che a ruoli invertiti sarebbe successo la stessa cosa.

Da parte sua la diplomazia russa non ci ha mai creduto alle magnifiche e progressive sorte del Medio oriente. Realismo sì, ma talmente incartapecorito da impedire a piazza Smolenskaja di vedere oltre il proprio naso. Siria docet. Per capire, quel poco che si può, l’Egitto di oggi non sarebbe forse meglio lasciar perdere Putin, Mussolini, Obama per osservare quanto avviene al Cairo? Dove, almeno fino ad ora, le teste invece di tagliarle le hanno contate. Un passo avanti certo, con la controindicazione però che le teste sono rimaste tutte in azione. Anche quelle che il cambio di regime non lo vivono con entusiasmo.

Un paio di esempi? La polizia per prima: interessata più a boicottare la lotta alla corruzione che ad assicurare il diritto dei cittadini alla sicurezza. Poi, andando per intuito, alcuni media dove ai posti di comando ci sono ancora i fedeli del vecchio ordine. Pronti a mettere in giro notizie false e a correggerle. Ultimo ma non meno importante il potere giudiziario, vero fortino lanciamissili verso le decisioni presidenziali.

Ironia della storia, sono stati Alto consiglio militare e Corte costituzionale che ha forza di tagliare leggi, annullare elezioni, sciogliere assemblee, hanno messo nelle mani di Morsi potere legislativo ed esecutivo. Certo ora lui ci aggiunge quello giudiziario e questo non va bene. Ma nemmeno il boicottaggio sistematico delle forze vincitrici di elezioni corrette può essere alla lunga sostenibile. Sciogliere l’assemblea costituente prima della bozza costituzionale significherebbe protrarre la transizione per altri due anni. Respingere gli accordi col Fmi vorrebbe dire caos economico; due misure che bastano e avanzano a rendere ingovernabile il Paese. Disordini di piazza, ritorno alle urne e deposizione di Morsi, ecco la road map. Nel frattempo tutti coloro che hanno profittato del regime di Mubarak potrebbero mettere al sicuro quanto guadagnato con la corruzione. Erano questi gli scenari sui quali la procura stendeva il proprio velo protettivo. Da qui il decreto che giovedì scorso ha deposto il suo dirigente.

Per ingenuità o mala fede, Morsi ha commesso degli errori. Avrebbe dovuto distinguere tra attivisti di piazza Tahir e opposizione secolare. Invece di cercare il sostegno dei primi, li ha spediti nelle braccia dei secondi. Il presidente egiziano è stato eletto democraticamente. Se Morsi ora cancella il diritto alla base del suo legittimo potere, taglia il ramo su cui è seduto. Chi sa allora dove andrà a finire.


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