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Chi sarà il Montebourg italiano?

Arnaud Montebourg è il no global del governo francese, il ministro economico che più si batte per la salvaguardia del made in France – l’unica immagine che conta è quella sulla copertina del Parisien, il ministro del Rinnovo industriale con maglia a righe e Moulinex in casa, quintessenza di un mondo francocentrico orgoglioso e supponente – anche a costo di gettare il proprio Paese sul lastrico.

Montebourg vuole fare il salvatore della Francia, e per questo litiga con tutti (oltre a essersi appena lasciato con la fidanzata, la direttrice di Inrocks, Audrey Pulvar,“emmerdeuse” come si autodefinisce, che in un’intervista a GQ ha spiegato che quella relazione le impediva di fare bene il suo mestiere). Sull’ultimo numero del Nouvel Observateur vengono raccontati tutti i pettegolezzi di palazzo: le liti a Bercy, sede del ministero dell’Economia, con il ministro Moscovici e con il segretario Ramirez.

Florange è emblematico: è il sito di un’acciaieria di Arcelor-Mittal, che l’azienda madre indiana voleva chiudere e che Montebourg voleva, piuttosto che chiuderla, nazionalizzare. Soltanto che il signor Mittal, uno degli uomini più potenti del mondo, non era stato nemmeno consultato, cosicché è volato a Parigi per discutere la faccenda direttamente con i politici francesi. Appena arrivato, il governo ha sconfessato Montebourg, s’è messo a trattare con Mittal, ha raggiunto un accordo per quello stabilimento che, secondo tutti gli esperti, Mittal non onorerà.

Nonostante lo scorno, Montebourg è disposto a fare la stessa cosa con Rio Tinto, perché salvare il sistema Francia, pur che le sue grandi falle, è la priorità del ministro. Il quale ha una visione piuttosto personale delle nazionalizzazioni: per lui si tratta di un salvataggio tout court di aziende in crisi, non prevede alcun tipo di razionalizzazione o di ristrutturazione.

Il ministro è convinto di fare il bene della Francia – e dell’Europa, che altrimenti è costretta a rimanere quella che è, “l’idiota del villaggio globale” – e pretende di ignorare una realtà piuttosto evidente: mantenere a tutti i costi l’inefficienza rischia di espandere altra inefficienza, non certo di contenerla. Un conto è l’emergenza, un conto è il rinnovo industriale del paese. Montebourg tende a pensare che ci sia sempre emergenza, che è come accontentarsi di non aumentare oggi lo scontento sociale, sapendo che domani scoppierà tutto assieme. 

Sintesi di un’analisi più ampia che si può leggere qui

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