Bobo Maroni è sempre stato descritto dai giornalisti come l’esponente leghista più tradizionalmente vicino al Pd e in particolare alla corrente di D’Alema, Violante e Bersani. L’ex ministro dell’Interno non ha mai smentito questa vulgata, anzi. Proprio il suo ruolo di pontiere con la sinistra gli ha offerto coperture e sponde che hanno consentito al leader leghista di essere apprezzato ben oltre i confini della Val Padana.
Nonostante i boatos maliziosi circa il ruolo della sua portavoce Isabella Votino, di origine campana, passata nelle file del Milan berlusconiano dopo essere stata con Maroni al Viminale (ma essendo sempre rimasta accanto a Maroni), il successore di Bossi non si è fatto incantare da Berlusconi. Almeno per ora, il patto Pdl-Lega non c’è. Il fatto non è di poco conto. In questo modo, il Carroccio può raccogliere più voti (la base non sopporterebbe più il Cavaliere) ma autoinfliggendosi un ruolo di dichiarata opposizione (la battaglia di Bobo per il Pirellone sarebbe solo simbolica). Il Pdl perderebbe da parte sua ogni possibilità di rappresentare il secondo polo non potendo sommare i suoi voti a quelli leghisti.
A stappare bottiglie di champagne sarebbero solo gli esponenti del Pd. Il partito di Bersani, dal mancato accordo Berlusconi-Maroni, otterrebbe la certificazione della vittoria al Senato nei collegi del Nord (Lombardia ma anche Veneto e Piemonte), dati invece per insicuri. C’è da giurare che il capo supremo del gruppo Mediaset farà di tutto per far cambiare idea al nuovo numero uno del Carroccio. Se ci riuscirà è tutto da vedere. Alla presentazione delle liste mancano una decina giorni.