In attesa dei risultati definitivi, peraltro scontati, lo spettacolo finale andava in onda dalla sede del comitato bersaniano. Tra un festeggiamento e l’altro, dopo la conferma delle prime proiezioni e l’intervento al sonnifero del segretario Peppone, riapparivano via via i dinosauri del vecchio apparato democristiano e comunista. Due in particolare: una Rosy Bindi con l’emozione di un´adoloscente al primo amore, gaudente per la futura poltrona ritrovata, e un D’Alema perfidamente pacato e trionfante, sdegnato per l’affronto subito da chi aveva osato chiedere la sua testa.
A Firenze il rottamatore illuso ammetteva la propria sconfitta, senza se e senza ma, attribuendola alla sua incapacità nel non aver saputo modificare la propria immagine di giovanotto ambizioso. Non è stato quello l’errore più grave, caro Matteo. Piuttosto (come più volte sollevato qui da chi scrive) la scelta iniziale del campo di gioco che non poteva portare ad altro che a una sconfitta pesante e dalle conseguenze terribili di un presumibile isolamento, date le note consuetudini storiche in quel partito. Spente le luci della ribalta mediatica sulle primarie del centrosinistra, cosa rimane? Resta un Pd che è cresciuto in poche settimane di oltre dieci punti. Diavolo di un Bersani: che fosse proprio questo il motivo del suo isolato assenso alla competizione? R
esta però un partito che dovrà fare i conti con le prime dichiarazioni keynesiane di Vendola, ovvero l’idea di un Paese che dovrebbe andare avanti con più spesa pubblica e più presenza pervasiva dello Stato. Tradotto nel significato rivela: facciamoci del male, serenamente e consapevolmente …. Ad Arcore festeggiano. La vittoria di Peppone segue una riunione fiume dalla quale, ultimamente non è una novità, è scaturito il niente.
Anche il Grillo canta, consapevole che ai molti cittadini del popolo dei non votanti e/o protestanti se ne aggiungeranno probabilmente altri, dato che la massa critica degli elettori del Pd comunque si è espressa, ma nei numeri rappresenta una minoranza nel Paese. Infatti non ho ancora capito i toni trionfali relativi alla partecipazione alle primarie. Casini? Medita, attende…. In conclusione, il fallimento annunciato di Renzi (se manterrà fede all’impegno preso di tornare a fare il sindaco…) apre praterie immense a chi saprà rispondere alle istanze di un rinnovamento liberale e riformista. La maggioranza dei cittadini italiani temono sia il populismo sterile di Grillo sia il possibile avvento al governo del Paese di una coalizione a chiara vocazione statalista. Peraltro, non vuole nemmeno il ritorno del Cavaliere…
Il mio è quindi un chiaro invito, un appello a Italia Futura e alle associazioni che le si sono affiancate perché sappiano cogliere appieno l’occasione che si presenta. Il patrimonio enorme rappresentato dagli elettori delusi dal vecchio polo di centrodestra non è solo una straordinaria opportunità elettorale, bensì deve diventare ragione di un preciso dovere rappresentativo da parte di chi trova nei valori liberali e riformisti la propria essenza e ragion d’essere. Adesso, carpe diem.