Dopo anni di aziendalizzazione della politica pensavamo di averle viste tutte. Invece, il metodo berlusconiano fatto di retorica imprenditoriale ed endorsement clericale ha trovato una nuova forma di sublimazione nel montismo.
Mentre Bersani (chapeau!) sta riuscendo a risintonizzare sulle stesse frequenze il suo partito con gli elettori, il premier – digiuno di scienze politiche ed ebbro di consigli spesso non disinteressati – ha scelto di affidarsi ad un cacciatore di teste, meglio: a un tagliatore di teste. L’ingrato compito è toccato ad Enrico Bondi, galantuomo non più giovanissimo che ha trascorso la sua vita risanando proprio le aziende. Un conto però è mettere mani ai bilanci e ben altro conto è utilizzare le forbici quando si tratta di liste di sigle che si presentano alle elezioni. È vero che in questi anni i partiti hanno dato pessima prova di sé ma consegnare il potere di decidere chi deve sedere in Parlamento ad un soggetto terzo rappresenta un’idea giacobina che avrebbe fatto inorridire pure i rivoluzionari francesi adusi alle ghigliottine.
Prova della perversione mediatica che si sta producendo è il tam tam giornalistico secondo cui il segretario dell’Udc rischierebbe di non superare l’esame Bondi. A parte che già questo assioma, per chi avesse un ricordo lontano delle regole della politica, fa venire i brividi, in ogni caso va detto che la furia anticasta (anche se borghese e in doppio petto sartoriale) sarebbe in questo caso un controsenso. Per due ragioni: l’idea di equiparare una assoluzione per prescrizione ad una condanna è una tale negazione del diritto che il primo ad indignarsi dovrebbe essere il premier (studiano legge anche nelle facoltà economiche). Secondo, il segretario dell’Udc è stato ed è il capo della coalizione che ha sostenuto Monti in Parlamento e ora in campagna elettorale: come potrebbe ora il professore volere la sua testa dopo averlo accolto come prezioso interlocutore?
Insomma, questo venticello calunnioso che ora tocca Cesa potrebbe trasformarsi in una tempesta che trascina tutti. L’antipolitica e la retorica aziendalista sono un cancro che non lascia prigionieri. Monti trovi il modo di imparare ad apprezzare la democrazia, anche con i suoi difetti. L’alternativa alla democrazia è un incubo che l’Italia ha già vissuto e di cui non ha alcun bisogno.