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Il moderato Bersani ha battuto il radicale Renzi

Il Sindaco di Firenze ha combattuto come un leone. Forse anche troppo. Le primarie appena concluse hanno avuto un protagonista inatteso come Matteo Renzi: è stato lui a dare un senso di autentica sfida ad una competizione diversamente già stabilita a tavolino. Ha iniziato benissimo il candidato giovane: prima rottamatore, poi “americano” (la convention di Obama, gli slogan, lo stile della campagna), e infine sfidante al secondo turno. Qui probabilmente Matteo ha commesso, dopo il coinvolgimento di una figura discussa come Davide Serra, l’errore più grande: ha alzato i toni fino ad esagerare.

L’esasperata accusa di “inciucio” contro Casini, l’indulgenza verso Berlusconi ed i suoi elettori, le accuse non troppo velate al segretario del Pd e suo avversario di volere regole su misura, la scorciatoia di sistemi di email bombing e siti “paralleli” border-line: tutto questo ha dato l’idea di un candidato radicale, tutt’altro che moderato. Non capito, il Sindaco di Firenze, che gli elettori del Pd – anche quelli potenziali – non ne possono più di liti o di effetti speciali. I cittadini chiedono fiducia, capacità di governo, stabilità (anche emotiva). Il Big Bang è benvenuto se è solo una scintilla che determina cambiamento ma se invece è una condizione permanente di destabilizzazione, allora meglio lasciare perdere. Così Renzi ha perduto la sua battaglia e così ha lasciato a Bersani lo spazio per una vittoria piena. Il candidato moderato ha vinto. Una lezione da non dimenticare.


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