Il magistrato di Palermo noto per le sue inchieste su mafia e politica e per i suoi libri ed il suo attivismo mediatico è considerato come il convitato di pietra del Fatto Quotidiano, e se non dell’attività editoriale In senso stretto, almeno di quella culturale che ne è alla base. Di certo c’è che il legame fra Ingroia e Travaglio (prima firma e azionista del giornale) è di grande sintonia. Nelle ore in cui il pm in missione in quel del Guatemala chiede al Csm l’aspettativa per candidarsi ed assume ufficialmente un addetto stampa, sarebbe lecito attendersi un endorsement proprio dal Fatto. Invece, sorpresa: dall’amico Marco arriva un chiaro e forte stop.
Travaglio, va detto, è una delle penne più felici del firmamento italiano. Quando si dice che molti comprano il Fatto solo per leggere i suoi editoriali non si afferma una corbelleria. Il più delle volte il giornalista che ha iniziato a lavorare con Montanelli usa l’inchiostro per irridere gli avversari. Talvolta però verga note politiche non banali. È il caso del messaggio, chiarissimo, indirizzato oggi a Ingroia.
L’editoriale inizia con un titolo che non può essere frainteso: “Meglio magistrato che candidato”. L’analisi è non meno esplicita. Ribadita “la stima e l’amicizia” verso il pm, Travaglio indica le due ragioni per cui Ingroia farebbe bene a tenersi stretta la toga. Anzitutto, con la corsa elettorale rischierebbe di compromettere il lavoro giudiziaro svolto in questi anni e soprattutto potrebbe danneggiare l’ultima, delicata e molto discussa, inchiesta. Quindi, nel caos di simboli che i cittadini troveranno alle urne, il rischio di non superare lo sbarramento – secondo l’editorialista del Fatto – è altissimo.
Perché correre questo pericolo? Travaglio non la manda a dire e conclude che il magistrato ha un potere di influenza sulla pubblica opinione molto maggiore che come parlamentare (seppure fosse eletto). Difficile dargli torto anche se è proprio per le sue idee politiche (o culturali, se si preferisce) che Ingroia avrebbe il dovere di abbandonare la carriera giudiziaria (l’aspettativa è un escamotage indegno di una persona rigorosa come il magistrato di Palermo) e condurre a viso aperto e senza infingimenti le sue legittimissime battaglie. Comunque, sarà Ingroia a decidere di sé, ma sicuramente l’editoriale dell’amico Marco peserà come un macigno.