Secondo l’ultimo Osservatorio trimestrale dell’Agcom, in Italia continuano a diminuire le linee telefoniche fisse, con 514mila accessi in meno nel 2012, mentre cresce la base clienti dei dispositivi mobili (circa 1 milione di sim in più in un anno). E se da un lato la banda larga fissa registra un incremento di appena 150mila accessi negli ultimi dodici mesi, le sim che hanno effettuato traffico dati sono aumentate di oltre il 15%, superando i 22 milioni.
Certamente le piattaforme mobili sono un modo evoluto di interagire con un ambiente interconnesso dove persone e cose dialogano costantemente grazie alla tecnologia (un sms ci guida attraverso il traffico o verso parcheggi liberi, il cellulare controlla il sistema d’allarme o il riscaldamento di casa, ecc.), ma quanti italiani usano lo smartphone per funzioni come queste? E quanti servizi “utili” sono davvero disponibili e diffusi?
Resta il dato sconcertante, ribadito nel corso del recente evento annuale Ericsson svoltosi a Roma (Tecno.logica.mente), che in Italia quasi metà delle famiglie e delle imprese non ha Internet, perché, ha sottolineato Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale, non ne vede l’utilità. Il punto è dunque l’attivazione di servizi percepiti come realmente vantaggiosi, capaci di far risparmiare tempo e denaro alle imprese e ai cittadini, per esempio permettendo di sbrigare online le pratiche burocratiche o di trovare informazioni attendibili, rilevanti e in tempo reale, che riguardano il lavoro e la vita di tutti i giorni.
Allora lo smartphone e il tablet diventano non status symbol, ma reale leva di crescita per l’economia dei Paesi, strumento di semplificazione e anche di libertà e conoscenza, come per tante società in Africa o Asia dove la telefonia mobile sta ovviando efficacemente alla carenza di infrastrutture, con progetti come Motech della Grameen Foundation che usa le comunicazioni tramite smartphone per curare la salute di mamme e bambini.