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La questione nordcoreana di Pechino

La Cina è rammaricata ma pronta a cercare di mediare ed esortare tutti alla prudenza e alla moderazione. Sono in molti a puntare gli occhi su Pechino all’indomani del riuscito lancio del razzo a lunga gittata con cui la Corea del Nord ha posizionato in orbita un satellite, precedendo Seul.

La Repubblica popolare è considerata il principale alleato e sostenitore del regime di Pyongyang. Ancora ieri prima l’agenzia ufficiale Xinhua, poi  il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hong Lei, sottolineavano il diritto dei nordcoreani a sfruttare in modo pacifico lo spazio, pur nel rispetto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Posizioni riprese oggi dal Global Times, spin-off in inglese del Quotidiano del popolo.

“La Cina spera che tutte le parti in causa possano mantenere la calma e lavorare assieme per la pace e la stabilità”, scrive rivolto alle due Coree, al Giappone, agli Stati Uniti e alla Russia. Commentatori statunitensi -si leggano Stephen Yates sulla Cnn o alcune opinioni su Fox News- rimproverano invece a Pechino l’eccessiva accondiscendenza verso le intemperanze nordcoreane (e di seguito a Obama l’accondiscendenza con la Cina)

Tuttavia anche all’interno della dirigenza pechinese il rapporto con Pyongyang non è un monolite. Come nota un’analisi di Adam Cathcart e Roger Cavazos su SinoNk, la stampa cinese, solitamente cauta nel discostarsi dalle posizioni ufficiali sulla Corea del Nord, sta iniziando a cambiar atteggiamento. Soprattutto il Global Times nella sua versione cinese non ha mancato di dare risalto a commenti di autori e professori che fanno intravvedere l’insofferenza verso le azioni nordcoreane considerate un modo per dare fastidio a Pechino, esortata dai lettori a prendere posizione e far valere la propria forza.

Lo scorso agosto il Korea Economic Institute tracciava una breve geografia delle posizioni interne alla dirigenza cinese per quanto riguarda la Corea del Nord. All’interno dei vari attori -ministeri, esercito, associazioni,centri di ricerca- che contribuiscono a formare la politica nordcoreana cinese, due sono i tronconi principali: tradizionalisti e strateghi.

I primi accusano Washington per i mancati progressi nella normalizzazione dei rapporti, enfatizzano i rapporto con Pechino venutosi a creare dopo la guerra di Corea, sostengono la responsabilità cinese nell’evitare l’instabilità nella regione e considerano la Corea del Nord un cuscinetto per contenere gli Usa. I secondi puntano a un ripensamento della strategia verso Pyongyang dialogando con gli Stati Uniti, nella convinzione che l’atteggiamento nordcoreano di noncuranza verso l’influenza di Pechino sia un rischio e un peso e che l’attuale sostegno non porti a cambiamenti.

Posizione che ricorda quanto scrive Brian Fung sull’Atlantic. Pyongyang non potrà contare all’infinito sul sostegno cinese. Come potenza emergente negli ultimi anni la Cina è sempre più coinvolta nelle questioni di sicurezza globale (Fung cita tra le altre la lotta contro la pirateria e la visita a Pechino dell’inviato palestinese nel mezzo dell’attacco contro Gaza del mese scorso). Inoltre è un Paese che sulle proprie questioni interne aspira a mantenere ordine (con metodi spesso discutibili sia chiaro).Una filosofia che potrebbe estendere anche al suo cortile di casa, facendosi promotrice della stabilità regionale.

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