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La resa leale di Matteo Renzi

Ha ammesso la sconfitta a seggi praticamente ancora aperti. Alle 20.19, dopo due mesi e mezzo di campagna elettorale, ventimila chilometri in camper attraversando 108 province, il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha twittatto il suo “Grazie di cuore” a chi ha tifato per lui: “Era giusto provarci – ha scritto – è stato bello farlo insieme”. Poi è salito sul palco del comitato elettorale, a Firenze: ‘Ho appena chiamato Bersani per fargli i complimenti. La sua è stata una vittoria netta. Nessuna regola diversa avrebbe potuto mettere in discussione questo risultato. “Qualcosa abbiamo sbagliato – ha ammesso Renzi – io ho sbagliato. Voglio chiedervi scusa”. Se “ho perso”, ha spiegato, è perché “la nostra idea non è stata vincente” e perché “non sono riuscito a scrollarmi di dosso l’immagine del ragazzetto ambizioso”.

Da domani Renzi torna ad essere “un semplice militante” e soprattutto il “sindaco di Firenze” 24 ore su 24. 2Sarò leale a Bersani”, ha poi ribadito. Però, ha avvertito, a questa esperienza non metterà ‘fine”. “Abbiamo provato a cambiare la politica, non ce l’abbiamo fatta – ha spiegato – ora dimostriamo che la politica non ha cambiato noi. E’ bene che da domani, smaltita la delusione, si riprenda il cammino. Abbiamo tre cose dalla nostra parte: l’entusiasmo, il tempo, la libertà”.

La giornata del ballottaggio per Renzi è iniziata con un blitz mattutino al seggio, per dribblare i giornalisti, ed è proseguita a casa, in famiglia, dopo aver annullato una partita di calcetto con gli amici. Con il protagonista defilato, la presenza ‘mediatica’ – ma soprattutto la polemica – è stata garantita dallo staff. Il responsabile toscano dei comitati per Renzi, Nicola Danti, ha parlato di “casi gravissimi che mettono a rischio la validità del voto in numerosissimi seggi”. Si riferiva alla mancanza, in diversi seggi, degli elenchi degli elettori. E poi, ha continuato, “in Italia sono state stampate 4 milioni di schede. Che fine hanno fatto? Noi ci stiamo domandando questo. Sappiamo che ieri il Pd e il centrosinistra hanno rimandato a casa, senza prenderle in considerazione, 120-130 mila domande di persone che avevano espresso il desiderio di votare oggi’. L’accusa dovrebbe fermarsi alle parole, però. “Non ci sarà nessun ricorso, non esistono ricorsi”, ha rassicurato Danti.

Più che di carte bollate, quindi, domani Renzi dovrà rispondere alla domanda che tutti gli pongono: “Che farà?”. Lui ha sempre sostenuto che tornerà a fare il sindaco, che nel 2014 chiederà ai fiorentini di confermarlo a Palazzo Vecchio, che non chiederà ‘il contentino’: un posto in Parlamento, magari nel Governo o nel partito. Anche se non ha nascosto di confidare che qualcuno dei suoi venga eletto fra Camera e Senato, per portare le sue posizioni a Roma.

Per il partito, il discorso è diverso. Renzi ha ribadito più volte di non volerlo lasciare, di non avere intenzione di dar vita a una sua lista, nonostante i sondaggi gli riconoscano ottime chance nel caso in cui decidesse di candidarsi alla presidenza del Consiglio. E poi, dentro il Pd la rottamazione è già cominciata: Walter Veltroni e Massimo D’Alema, insieme a molti altri parlamentari di lungo corso, hanno annunciato che non si ricandideranno. Il tema del rinnovamento è entrato prepotente nel dibattito, e non solo nel centrosinistra. Il nuovo volto del partito sarà disegnato dal congresso, l’anno prossimo. Sarà quella l’occasione per stabilire il ruolo del sindaco nella stanza dei bottoni del Pd.


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