La sanità integrativa sta crescendo. E’ questo ciò che emerge dalla ricerca realizzata dalla società “G&G Associated” e commissionata dal Fasi, Fondo di assistenza sanitaria Integrativa dei manager italiani. Lo studio è stato realizzato attraverso colloqui individuali e interviste a lavoratori, dirigenti e non dirigenti, rappresentati di impresa, nonché figure manageriali della sanità pubblica e privata.
E’ emerso che negli ultimi anni sta aumentando la consapevolezza sull’importanza e la necessità di ricorrere alla sanità integrativa. Molti intervistati hanno riconosciuto che la sanità integrativa si diffonderà sempre più nelle aziende del nostro Paese sia per le difficoltà della sanità pubblica, sia perché il valore per il lavoratore è molto più rilevante in relazione all’equivalente in denaro o al costo dell’azienda. In questo modo il welfare aziendale diventa un fattore di competitività per le imprese stesse. Sono le nuove generazioni a percepire il rischio di una riduzione dei livello di assistenza sanitaria pubblica e guardano alle opportunità del welfare integrativo.
Nel rapporto si attesta che l’attenzione verso questa forma di welfare è crescita sia da parte delle strutture sanitarie private sia da parte di quelle pubbliche. Anche queste ultime vedono nei Fondi sanitari risorse economiche aggiuntive.
Oggi la sanità integrativa è presente in circa il 15% delle aziende manifatturiere italiane con picchi che superano il 25% in alcune aree del Nord. E le quote saranno destinate a crescere dal momento che finora alcuni vincoli legislativi e fiscali, conclude il rapporto, hanno impedito il pieno sviluppo della sanità integrativa a tutti i cittadini.
“In Italia la spesa sanitaria pubblica si colloca intorno ai 112 miliardi di euro quella privata intorno ai 30 miliardi di Euro, cui va ragionevolmente aggiunta una quota di spesa privata non contabilizzata – ha dichiarato il presidente di Fasi, Stefano Cuzzilla, durante un recente seminario sul tema – Di tale spesa privata, ben l’87% è sostenuto direttamente dai cittadini e utenti, mentre solo il 13% è assorbito dai Fondi, Casse, Assicurazioni”.
Secondo Cuzzilla “qualunque pensiero di riforma, ancorché auspicabile , che dimentichi le potenzialità della sanità integrativa è destinato a vanificare la spinta di miglioramento reciproco che i binari del pubblico e del privato sanno darsi se vengono messi nelle condizioni di operare in parallelo. È stato consentito, invece, a un’ottica divergente di essere troppo a lungo portatrice di inefficienza diffusa. Se è vero come credo – ha proseguito Cuzzilla – che la salute non sia un diritto generico, se è vero che è inalienabile il diritto alla cura, se è vero che il benessere di una società si misura sul livello di salute raggiunto dai gruppi che la compongono”. Di qui la richiesta “di fronte alla crisi generale” di ripensare “la funzione che i Fondi integrativi possono assolvere, portando a compimento un percorso faticosamente iniziato in solitudine e tra la diffidenza dei più”.