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Luci e ombre sul nucleare giapponese

Il 16 dicembre si voterà in Giappone per il nuovo governo, nonché per i 480 membri della Camera dei rappresentanti. Secondo i sondaggi il Partito liberal democratico (Ldp) di Shinzo Abe è favorito sul Partito democratico del primo ministro uscente, Yokishiko Noda, ma non è esclusa la possibilità di una grande coalizione. Aldilà di previsioni sul futuro politico del Paese, il focus principale del dibattito pre-elettorale è il programma nucleare, tema strettamente legato ai difficili rapporti con la Cina e la Corea del nord.

Nel settembre 2012, ad un anno e mezzo dall’incidente di Fukushima, il Giappone ha deciso di abbandonare l’energia nucleare, stabilendo un “phase out” dilazionato su un periodo fino al 2040, per l’esigenza di ammortizzare i costi sostenuti per la sua centrale più recente – costruita nel 2006 -, sfruttandone l’energia, prima di chiuderla. Il nuovo piano energetico nazionale approvato dal governo Noda ha rappresentato una completa inversione di tendenza rispetto a quello varato prima del disastro, che prevedeva, invece, un aumento dal 30% ad oltre il 50% della copertura del fabbisogno energetico nazionale con l´energia nucleare. Le pressioni di vasti strati dell´opinione pubblica e la crescita del movimento anti-nucleare hanno obbligato Noda a prendere atto dell´impossibilità di garantire condizioni politiche per la futura apertura di nuove centrali in un Paese a rischio costante di spaventose catastrofi naturali.

Il nuovo piano energetico stabilisce che l´operatività dei reattori sia strettamente vincolata al limite di sicurezza di 40 anni. Questa rappresenta una tempistica più lunga di quanto deciso dalla Germania, che ha previsto la fuoriuscita dal nucleare entro un decennio, ma l’indicazione che i futuri investimenti dovranno orientarsi verso energie alternative al nucleare.

La battuta d´arresto ha avuto ripercussioni sull´intero settore dell´industria nucleare che, data la sua natura interconnessa sul piano internazionale (dalla costruzione di centrali al riciclaggio del combustibile nucleare spento, fino alle implicazioni sulla sicurezza nazionale) sta provocando preoccupazioni negli Stati Uniti, in Francia ed in Gran Bretagna. La decisione nipponica, infatti, potrebbe contribuire a far decollare movimenti “no nukes” in tutto il mondo.

L’aspetto più rilevante nella valutazione della decisione di Tokyo sono le sue ripercussioni sul collegamento tra nucleare civile e nucleare militare. Attualmente, infatti, i paesi che hanno una politica di “ritrattamento a fini commerciali” sono cinque (Francia, Russia, Inghilterra, Giappone e India). Sei altri Paesi (Germania, Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Spagna e Stati Uniti) possiedono anche plutonio distinto.

Oggi, uno dei principali assertori di una politica nucleare giapponese, il governatore di Tokyo, il conservatore Shintaro Ishihara, ritiene che il Giappone dovrebbe considerare l’opzione nucleare per guadagnare considerazione diplomatica. Con lui, anche se con toni più contenuti, l’ex primo ministro Shinzo Abe.

Intanto, l’avanzata della Cina, le iniziative improvvide della Corea del nord, ma anche la decisione del governo indiano di approvare sei nuovi impianti di energia nucleare (assistito dalla francese Areva, ciascuno di capacità pari a 1,650 MW) nell’area stanno obbligando a ripensamenti in termini dell’opzione nucleare.

Il 7 dicembre scorso, la Nuclear Regulation Authority (Nra) giapponese ha rivelato che potrà fornire la propria approvazione ad una ripresa di alcuni reattori entro la prossima estate, condizionatamente al superamento di controlli di sicurezza da tenersi nella primavera 2013. La decisione si inserisce in un contesto internazionale che caratterizzerà il Giappone con lo svolgimento della Conferenza ministeriale dell’International Atomic Energy Agency (Iaea) a Fukushima dal 15 al 17 dicembre 2012. In tale occasione, la Nra farà il punto della situazione con i suoi tre advisor (nominati nel giugno scorso), Richard Meserve (già presidente della Nuclear Regulatory commission statunitense), Andre-Claude Lacoste (già presidente della Nuclear Safety Authority francese), e Mike Weightman (capo del Nuclear Regulation Office britannico).

Sarà importante a quel punto vedere quale primo ministro presenzierà alla Conferenza per capire la direttrice giapponese in materia nucleare nel prossimo futuro, e conseguentemente se Tokyo continuerà ad essere perno di stabilità statunitense nella delicata area del Mar Cinese Orientale.

Cunctator è senior researcher dell’Istituto Italiano di Studi Strategici ” nell’ambito del programma di studi sull’intelligence economica ROI (Return On Intelligence)

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