Il populismo può avere molte facce e non una sola. La proposta politica del dimissionario primo ministro italiano è, dal punto di vista metodologico, molto simile a quella dei leader del Movimento 5 Stelle e del Pdl. Sembrerà molto strano ma è così.
Mentre Beppe Grillo e Silvio Berlusconi utilizzano il metodo populista per promuovere una visione eversiva rispetto all’Europa, Mario Monti sceglie una narrazione “di sistema” ma non per questo dissimile da quella dei suoi colleghi aspiranti capi-popolo.
In tutti e tre (anche se forse dovremmo aggiungere Antonio Ingroia e i suoi “Arancioni”) è forte l’idea di dover contrapporre alla (vecchia) politica un’offerta diretta e disintermediata.
Ecco quindi la piattaforma web (la scelta di Monti di far decollare la sua ascesa tramite un sito internet, www.agenda-monti.it), la retorica anti-partiti e soprattutto l’idea che tocchi al Dominus porre condizioni e scegliere i candidati, pardon: gli eletti.
A guardare bene, senza pregiudizi, questi tre elementi accomunano Monti, Grillo e Berlusconi molto più di quanto non possa apparire a prima vista.
La proposizione è forte ma, temiamo, non è infondata. A vent’anni dall’onda antipolitica che ha travolto le formazioni del Dopoguerra, c’è chi sogna il bis. Azzerare cioè la (mediocre) classe dirigente che ha governato nella cosiddetta Seconda Repubblica e piazzarci una nuova élite.
Il gruppo ex-Pci già nel 1994 ha dovuto abbandonare i sogni di gloria governativa ma va anche detto che oggi come allora quel pezzo di Paese ha resistito ed è rimasto in campo. Pierluigi Bersani è strutturato molto più di quanto non fosse allora Achille Occhetto. Chi potrebbe invece, come in passato, perdersi nelle nebbie di un panorama politico in rapidissima evoluzione è il gruppo ex-democristiano.
Casini dovrà scegliere se essere Martinazzoli oppure restare se stesso, senza “plastica facciale” ma comprendendo che Monti è il nuovo Berlusconi, non il nuovo De Gasperi.