C’era una volta il fantasma dell’Opera. Ora, al gran teatrino della politica italiana, dopo il Burlesque-Berlusconi, fa il suo debutto lo spettro di Mario Monti.
Dicono che con lui si voglia ri-montare il Paese ma è più probabile che il disegno sia più semplicemente quello di s-montare l’attuale sistema partitico italiano. Cosa, peraltro, non disdicevole in sé.
Torniamo però al personaggio e alla trama. L’attuale premier con abilità invidiabile sta alimentando un simpaticissimo tormentone, “si candida o non si candida?”.
I politici e i giornalisti che non hanno né fantasia né spessore culturale naturalmente hanno preso a dividersi sul tema, omettendo di guardare alla sostanza delle cose.
Qui però non vorremmo turbare i lettori più pigri sulle partite, a partire quelle economico-finanziarie e quelle europee. Preferiamo però svelare come è probabile che possa concludersi questa commedia tipica delle festività natalizie (cinepanettone, do you remember?).
Monti, che ha tutte le ragioni per avere una eccellente idea di se stesso, difficilmente sarà disponibile a mettere la sua faccia su una “cosa” che vale non più del 10% anche se i sondaggisti spiegano che il “potenziale” è del 15.
Non solo, mentre Casini, Fini e Montezemolo hanno bisogno della sagoma di Monti dietro la quale nascondersi, il premier ha lo stesso interesse a coprire l’allegra combriccola bolognese?
No, Monti non si candiderà. Può però notevolmente determinare una destabilizzazione della destra, della sinistra e del centro.
D’altra parte, che senso avrebbe essere il salvatore della Patria se il quadro politico fosse stabile? A ben vedere, la sceneggiatura dello spettacolo in corso non è scritta né dai fratelli Vanzina né da Ian Fleming. E’ solo una versione teatrale del gioco del poker. In palio quello che resta del potere italiano.