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Monti non decolla da Fiumicino

La sobria chiarezza di Mario Monti latita su una questione che sta esponendo l’Italia, ancora una volta, alla berlina degli investitori internazionali.

Nei giorni scorsi sui quotidiani finanziari, compreso il Financial Times e il Wall Street Journal, è comparso un avviso a pagamento di Sintonia, la holding dei Benetton cui fa capo il controllo di Atlantia, Gemina-Adr e Sagat, nel quale si chiede al governo di fare definitivamente una scelta sul contratto di programma degli Aeroporti di Roma.

La questione è la seguente: se entro la fine dell’anno non ci sarà un via libera governativo, la società Aeroporti di Roma, che gestisce gli scali di Fiumicino e Ciampino, vedrà sfumare nel nulla il contratto di programma approvato, per la prima volta in 10 anni, dall’Enac (Ente nazionale aviazione civile) lo scorso 25 ottobre.

In pratica non saranno più investiti 2,5 miliardi senza l’approvazione del contratto che prevede un dibattuto nuovo sistema di tariffazione.

L’approvazione del contratto, che ha avuto oltre l’ok dell’Enac anche un via libera del ministero dello Sviluppo e delle Infrastrutture retto da Corrado Passera, deve passare per Dpcm (Decreto della presidenza del Consiglio dei ministri) su proposta dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Economia.

Quello di Passera, come detto, ha fornito in sostanza parere favorevole. Resta lo scoglio dell’Economia, il ministero capitanato da Vittorio Grilli. C’è chi dice che l’intralcio sia l’influente capo di gabinetto, Vincenzo Fortunato, che quando era alle Infrastrutture con il ministro Antonio Di Pietro fu il protagonista dello stop alla fusione tra Autostrade e gli spagnoli di Abertis. Insomma, uno spettro che riappare per la famiglia Benetton.

Semplificazioni personalistiche e giornalistiche? Può anche darsi. Ma il traccheggiamento su un dossier di tale rilevanza non depone a favore di una gestione efficiente e corretta di questioni economiche che lambiscono settore pubblico e settore privato, Stato e aziende.

Né hanno avuto effetto le lettere inviate a Monti, Passera e Grilli da parte di un gruppo di fondi di investimento, come Kairos Partners, Amber Capital, Centaurus Capital, Lemanik, Rollo e Sothic, presenti nel capitale di Gemina, allarmati dalle notizie (smentite) di una possibile proroga dei termini per approvare il piano di Adr.

Quello che lascia sbigottiti è l’opacità di una situazione di stallo di cui non si conoscono i contorni. Se il Tesoro continua ad avere dubbi o rilievi sul contratto di programma, su cui peraltro l’ente di vigilanza (Enac) e il ministero del comparto (Infrastrutture e trasporti) hanno come detto dato l’ok, li esponga chiaramente e pubblicamente per ribattere alla società privata.

Altrimenti il silenzio acuisce una sensazione poco commendevole per un governo tecnico che si vanta di non praticare iter politicisti e compromissori.

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