Quelli che sottovalutano Silvio Berlusconi finiscono di solito per pentirsene: è bene ricordarselo sempre. Il leader populista sarà pure considerato il peggiore dei politici italiani ma non è un pirla. Nell’offrire la Lombardia a Roberto Maroni e il Lazio a Francesco Storace, il Cav. punta a mettere in campo una Unione 2.0 di destra (niente a che vedere con le ossessioni Pd dei montezemolisti).
Pdl, Lega, Destra, lista Tremonti, lista Scilipoti, Cristiano Sociali e chi più ne ha più ne metta: Berlusconi vuole rosicchiare sino all’ultimo decimale e punta a consolidare quel che resta del blocco politico di centrodestra.
Non ha alcuna possibilità di vincere. Salvo la follia di una divisione fra moderati e progressisti. Se i seguaci di Bersani e quelli di Monti prendono strade diverse da quella dell’alleanza, si consegna il Paese a Berlusconi che magari non vince alla Camera ma ottiene il premio di maggioranza nelle regioni del Nord.
Il premier lo sa e, forse, non vorrà correre questo rischio. Non solo. Monti, da senatore a vita, ha guidato un governo con un consenso politico larghissimo. Perché mettere la sua faccia su una formazione che, se va benissimo (e nessuno lo garantisce), prende il 15%, ovvero meno di Beppe Grillo?
Monti può serenamente guardare al traguardo del Quirinale ma per farlo ha bisogno che il Pd non abbia la maggioranza assoluta ma che la coalizione vincente (Pd con Udc o Lista per l’Italia) veda una presenza non irrilevante dei moderati.
In questo caso, il ticket Bersani-Monti sarebbe una realtà e non vi è dubbio che la posizione dell’ex presidente della Bocconi sarebbe di gran lunga preminente su quella del segretario del Pd.
Insomma, se tutti manterranno calma e sangue freddo, questa volta gli italiani potrebbero determinare le condizioni di una virtuosa stabilità.