Formiche.net è stato fra i primissimi a scrivere del disappunto che filtrava dal Quirinale dopo la destabilizzante e imprevista “svolta politica” di Monti. Prima di questa lunga iperbole, i piani pensati alla presidenza della Repubblica prevedevano il voto a marzo, le dimissioni anticipate di Napolitano, l’elezione del nuovo Capo dello Stato quale primo atto del nuovo Parlamento e, solo dopo, la formazione del governo sulla base degli equilibri usciti dalle urne. Re Giorgio non voleva occuparsi, a fine mandato, di seguire tutto l’iter che porta a dare l’incarico di formare l’esecutivo, concordando e ratificando la lista dei ministri. Questo era quanto si immaginava sino ad una settimana fa.
Il quadro è ora profondamente cambiato. Anzitutto il voto sarà anticipato al 17 febbraio e quindi l’ingorgo istituzionale è una ipotesi assai meno incombente. Vi è inoltre una considerazione politica. Lo scenario elettorale si è molto ingarbugliato e, al di là di come lo si intenda giudicare, il premier ha sin qui marcato l’idea di un percorso diverso da quello concordato con Napolitano quando questo lo indicò presidente del Consiglio e lo nominò senatore a vita. Il Capo dello Stato, preoccupato dalla frammentazione dei partiti, si sarebbe convinto di non “abdicare” ma di assumersi in pieno la responsabilità che la Costituzione gli affida. Per il destino del politico Monti si tratta di una novità che vale la pena non sottovalutare.