Due fatti devono essere ricordati: l’Italia fa parte del manipolo di Paesi che hanno inventato l’automobile; e gli Italiani nutrono da sempre una vera passione per l’automobile. Con l’acquisto dell’automobile, hanno conquistato status e libertà di movimento, forse una bella fetta di libertà “tout court” in un Paese in cui gli spostamenti erano ostacolati sia dall’orografia che dall’insufficienza delle infrastrutture. La passione per l’automobile spiega anche il fenomeno delle grandi marche italiane superpremium Ferrari, Maserati … la cui splendida immagine a livello mondiale non ha tuttavia “contagiato” (in senso positivo) la Fiat ed i suoi marchi tradizionali.
La Fiat
La Fiat, che spesso viene accusata di aver spinto alla costruzione di troppe autostrade e superstrade, in realtà ha spinto alla modernizzazione del Paese. Lo ha fatto perché era suo interesse farlo? Certamente, ma questa è una delle vie del progresso. Per molti anni, la Fiat ha goduto di un quasi monopolio, e questo è stato un fattore negativo per i consumatori, per l’Italia e per la stessa Fiat, che non è cresciuta in un clima di concorrenza, contrariamente a tutti i gruppi automobilistici europei… e di conseguenza la Fiat ha perso troppo terreno in casa propria, molto di più dei suoi concorrenti tedeschi o francesi.
Poi, la situazione è diventata più complessa. Il mercato “domestico” di riferimento non è piùsoltanto l’Italia : è, ogni giorno di più, anche l’ Europa. E la competizione tra le Case costruttrici si svolge a livello mondiale. La prima conseguenza di questa situazione, è che Volkswagen o Renault, per prendere due esempi di Gruppi europei significativi, sono a casa loro anche in Italia, come la Fiat è – o dovrebbe essere – a casa sua anche in Germania e in Francia. Ma nell’export intra europeo, sia le marche tedesche che quelle francesi, realizzano risultati di gran lunga superiori a quelli della Fiat; e nel mercato “nazionale” , rispettivamente la Germania e la Francia, realizzano quote superiori al 50% rispetto al 30% della Fiat in Italia. Riflesso nazionalistico, che sarebbe meno vivace in Italia rispetto alla Francia o alla Germania? Forse, ma in minima parte. Contano soprattutto il prodotto, il prezzo e (molto) il livello di qualità/affidabilità che il pubblico attribuisce alla marca. Per il resto, darò ragione (una volta tanto…) all’ex A.d della Fiat, ingegner Paolo Cantarella: diceva che la Fiat è come la nazionale di calcio: se vince, tutti gli italiani tifano per lei. Ma per lungo tempo e fino ad oggi, salvo episodi effimeri, la Fiat non vinse.
Ora, sul ponte di comando di Fiat – e non solo- , c’è il dottor Sergio Marchionne. Fino ad oggi, ha realizzato due prodezze. Ha salvato la Fiat dal fallimento che si prevedeva per il 2005 ; ed ha riportato la Fiat (come gruppo: i marchi italiani non contano) in Nord America, acquisendo Chrysler. Dopo varie dichiarazioni contraddittorie, ha annunciato pochi giorni fa qualche investimento in Italia, ed ha ridefinito la gamma di Fiat, Alfa Romeo e Lancia. Si vedrà: molto dipenderà dal governo con cui avrà a che fare; se ci sarà Monti, il dottore manterrà i suoi impegni. Ma la situazione dei marchi italiani del Gruppo è debolissima sia in Italia che in Europa (Italia esclusa, la Fiat vende meno del Gruppo Hyundai-Kia in Europa); lo sbarco in Cina non c’è ancora… ed è già tardi. In compenso puntare su Maserati, tutto sommato, potrebbe essere un’idea brillante; ricordiamo in proposito che il miglior Ad che la Fiat abbia mai avuto (Vittorio Ghidella) lanciò la Thema Ferrari; era un modo di “contagiare” la marca Lancia con il mito Ferrari…
Il mercato
Il mercato italiano dell’automobile è inverosimilmente depresso: 1 500 000 unità previste per il 2012. Ad iniziare dal 2013, risalirà fino a raggiungere il proprio livello fisiologico, o “normale” che dir si voglia, compreso tra 1.900.000 e 2.100.000 unità annue immatricolate. Mancano 500.000 macchine. Ma che cosa spiega questo crollo? L’effetto crisi c’è stato, ovviamente, ma doveva essere meno pesante, come è avvenuto negli altri mercati maggiori europei. E la risalita doveva essere già in corso, da mesi. Una componente psicologica è ovviamente presente. Questi temi sono trattati nei Blog e Flash di pochi giorni fa, per esempio la dove si esamina il rapporto ACI Censis 2012, eccessivamente negativo nelle sue conclusioni, che fanno pensare ad una “self fulfilling prophecy”.
Il motivo più tipicamente italiano del perdurare di un mercato eccessivamente depresso, sta nella distruzione delle Reti di marca, ad opera della crisi della domanda e della politica irragionevole di presidio del territorio applicata dalle case automobilstiche. Sono “saltati” grandi concessionari delle marche più diverse, come Fiat, Opel, Ford, Volkswagen, Toyota… Senza tener conto del fatto che il mercato italiano, maturo, è soggetto a profonde crisi ricorrenti (1993 ; 2008…) , le case concedenti hanno imposto investimenti tarati su una espansione continua del mercato. I concessionari si sono trovati a fronteggiare la crisi del 2008 mentre erano fortemente esposti presso gli istituti di credito. Molti sono falliti, altri, già scarsamente incisivi sul mercato, seguiranno sin dall’inizio dell’anno entrante (non riapriranno i battenti) . Ne è conseguito un presidio insufficiente del mercato da parte delle reti di marca, il ché non poteva che determinare un minor impatto commerciale, dunque minori vendite.
A questa ragione, si deve aggiungere il fatto che l’offerta di prodotto non è adeguata al budget che il consumatore può dedicare all’automobile. Le case hanno continuato a sfornare modelli sempre più ricchi di contenuti, elettronici in particolare. Non è stata sviluppata, invece, se non da parte di qualche marca “low cost” , una gamma di prodotti “good enough” a prezzi molto contenuti . Generalmente, le marche automobilistiche sono rimaste ferme al concetto di “value for money” , mentre dovevano passare al concetto di “less money”, punto e basta. Per molta parte delle fasce di cientela, l’automobile nuova è semplicemente un prodotto intrinsicamente (troppo) caro, irraggiungibile. Da lì, occorre scendere, anche quando il nome della marca è dei più blasonati. Per sintetizzare, occorre rispondere ad un cliente che vorrebbe acquistare non una Tata o a una Dacia, ma per esempio una Volkswagen o una Ford nuova al prezzo di una marca low cost.
Allora, come assecondare o stimolare la ripresa del mercato nel 2013? Per incrementare decisamente i propri volumi, una marca inclusa nel range “vetture a larga diffusione-vetture premium” (da Peugeot a Mercedes, per citare due esempi), occorre:
– rimettere in piedi la Rete, possibilmente con finanziamenti a fondo perduto e margini incondizionati migliori.
– far scendere il baricentro dei prezzi al pubblico dei modelli in gamma.
– in guisa di conclusione : serve un “sistema Italia” così come esiste un “sistema Germania”.
Il tema è vasto; dovrebbero essere coinvolte le autorità, la stampa e naturamente tutto il settore automotive italiano. Inutile precisare che si parte da un punto critico : a titolo di esempio emblematico, non c’è più il Salone di Torino, e sta forse scomparendo anche il Motor show di Bologna. L’automobile è ancora di casa in Italia?
Occorre, a nostro avviso, vantare intelligentemente il “Made in Italy” ; e, con la stessa occasione, anche il “sold in Italy ” o piuttosto il “on sale in Italy”. Dopo tutto, l’Italia non è soltanto uno tra i pochi Paesi che hanno inventato l’Automobile; è anche il Paese che ha inventato il commercio.