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Nomi e curiosità sul Partito Americano in Vaticano

Che il ruolo dei cattolici negli Stati Uniti sia in costante crescita, è un dato di fatto. Lo dimostrano recenti studi sulla presenza della Chiesa cattolica nel mondo e, soprattutto, la sfida, tutta cattolica, tra Joe Biden e Paul Ryan in occasione delle recenti elezioni americane. Ma vi è un luogo, in particolare, ove la presenza dei cattolici americani sembra crescere in maniera inarrestabile, tanto da poter parlare dell’esistenza di un vero e proprio “partito americano”: il Vaticano. Ecco nomi, incarichi e curiosità.

Ex che contano

Ufficialmente non hanno più incarichi in Vaticano. Il primo, il cardinale William Levada, ha guidato sino a qualche anno fa la Congregazione per la dottrina della fede e poi, a capo della Commissione Ecclesia Dei, ha cercato, inutilmente, di trovare un accordo per risolvere una volta per tutte il controverso rapporto con i lefebvriani.

Il secondo, James Harvey, è stato sino a qualche settimana fa il Prefetto della Casa Pontificia per essere poi creato cardinale ed essere assegnato alla guida dell’Abbazia di San Paolo fuori le Mura. Nessun dubbio, però, che la loro influenza su ciò che avviene al di là delle mura leonine sia rimasta intatta. Levada, infatti, può vantare un rapporto diretto e, soprattutto, di fiducia con Benedetto XVI. E’ a lui che guardò immediatamente il Santo Padre quando dovette nominare il nuovo custode della fede. Ovvero colui che doveva prendere il posto occupato, sino a poco tempo prima, da chi nel frattempo era diventato Benedetto XVI. Particolari speculazioni ha poi suscitato la “promozione” di Harvey che, secondo alcuni osservatori, fu colui che caldeggiò l’assunzione di Paolo Gabriele all’interno dell’appartamento papale. Una scelta, quella del Santo Padre, espressione di una forte volontà di rinnovamento, ma non certo di punizione. Harvey, uno dei più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II, potrà continuare a far sentire la sua voce dal prestigioso incarico di arciprete di San Paolo fuori le Mura.

Il punto di riferimento

Sembrerebbe essere, ad oggi, l’americano più potente in Vaticano. Brian Wells, membro del servizio diplomatico della Santa Sede, ricopre l’incarico di Assessore alla Segreteria di Stato. Volendo semplificare: è il numero tre, dopo il Segretario di Stato Tarcisio Bertone e il Segretario sostituto Angelo Becciu. In particolare, secondo molti, Mons. Wells è ritenuto il regista dell’affollata presenza di suoi connazionali in Vaticano e non perde occasione, come scritto da Marco Tosatti, vaticanista de La Stampa, per curare i propri rapporti partecipando a incontri, celebrazioni ed eventi di ogni genere ogni volta che è coinvolto, in qualche maniera, un membro della famiglia “english speaking”.

L’avvocato del Papa

Di origini italiane e irlandesi, introdotto in Vaticano nel 2000 dall’avvocato Franzo Grande Stevens, Jeffrey Lena ha seguito, per un certo periodo di tempo, alcuni processi internazionali che hanno coinvolto la Santa Sede, da questioni finanziarie legate all’attività dello Ior alle cause di pedofilia intentate contro il clero americano. Personaggio misterioso, “allergico” ai mezzi di comunicazione, Lena negli ultimi anni ha intensificato la sua presenza in Vaticano, dove trascorre buona parte del suo tempo. Entrato a far parte del team ristretto incaricato dalla Segreteria di Stato di adeguare il Vaticano ai parametri internazionali antiriciclaggio, non ha una grande opinione del nostro Paese. Chiamato a commentare i rapporti tra Italia e Vaticano in materia finanziaria, ha risposto senza troppi giri di parole: “Lo Ior ha rapporti in più di cento Paesi, ha relazioni bancarie con quaranta di essi e mantiene rapporti con gli enti finanziari di tutti i membri dell’Unione Europea. A me risulta, però, che solo uno di questi Paesi tratti il Vaticano con disparità”.

L’uomo dello Ior

Ha più volte giurato di non ambire alla presidenza della banca vaticana. E lo ha fatto ancora di recente: “Il prossimo presidente non sarò io, ho già un lavoro che mi prende a tempo pieno”. Quel che è certo, però, è che Carl Anderson, membro del board dello Ior e leader dei Cavalieri di Colombo, una fondazione americana molto attiva a sostegno della Chiesa e, il che non guasta, generosa finanziatrice del Vaticano, ha giocato un ruolo chiave nella rimozione di Ettore Gotti Tedeschi. E’ di Anderson, infatti, la firma in calce al durissimo memorandum con il quale venne sfiduciato l’ex presidente dello Ior. Legittimo dunque pensare, come fanno in molti, che dietro l’attacco a Gotti Tedeschi vi sia la regia degli ambienti cattolici americani per arrivare alla guida della banca vaticana.

Il comunicatore della Santa Sede

Che negli ultimi anni la Santa Sede, nonostante i grandi sforzi fatti, anche grazie all’operato di Padre Federico Lombardi, abbia avuto dei problemi di comunicazione non è un grande mistero. Problemi descritti in un recente libro curato dal direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian (“Il filo ininterrotto”), nel quale vengono messe in rilievo, come recita il sottotitolo, “le difficili relazioni fra Vaticano e stampa internazionale”. Da qui l’idea, a partire da luglio, di chiamare il giornalista americano Greg Burke, membro dell’Opus Dei, quale “advisor” per la comunicazione della Segreteria di Stato. A lui, quindi, il difficile compito di evitare ulteriori errori cercando di intensificare il rapporto tra Segreteria di Stato e Sala Stampa. E che la nazionalità americana possa aver giocato a suo favore, sembra, in un certo senso, esserne conscio lo stesso Burke, che in un’intervista a Famiglia Cristiana ha dichiarato: “Se si vuol scrivere che mi hanno scelto perché sono americano e dell’Opus Dei, facciano pure. Io spero che la scelta sia ricaduta su di me perché sono un professionista conosciuto”.

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