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Perché Brasile e Fmi bisticciano su Bernanke

 

Le tensioni tra Brasile e Stati Uniti sulla politica monetaria del governatore della Fed, Ben Bernanke, non accennano a diminuire neanche con l’arrivo di una nuova regolamentazione dei flussi di capitali da parte del Fondo monetario internazionale. Per il Brasile, la nuova disciplina rappresenterebbe solo il contentino dell’istituzione per i mercati emergenti, ma non sarebbe in grado di mettere un freno alle speculazioni causate in particolare dalla politica di allentamento monetario (QE3) di Bernanke.

Il Fondo monetario internazionale ha deciso infatti di accettare l’uso dei controlli diretti per stabilizzare i flussi di capitali internazionali altrimenti volatili, sancendo così un passaggio ideologico rilevante nella sua attività di regolamentazione.

Sebbene il Fondo abbia continuato ad avvertire che questi controlli saranno “trasparenti e temporanei”, la decisione segna un brusco cambio di rotta rispetto all’entusiasmo dell’istituzione per la liberalizzazione finanziaria degli anni Novanta, fa notare il Financial Times.

Il Fondo sottolinea comunque che anche se il libero movimento di capitali è generalmente un beneficio, potrebbe destabilizzare le economie con un sistema finanziario non sufficientemente sviluppato: “Non si parte dal presupposto che una piena liberalizzazione è un obiettivo appropriato per tutti i Paesi allo stesso tempo”, si legge nello studio. “Le liberalizzazioni – prosegue – devono essere ben pianificate, tempestive e cadenzate in modo da assicurare che i benefici superino i costi”.

Il Brasile ha fortemente criticato la politica monetaria espansiva del governatore della Fed, accusata di alimentare le speculazioni nel suo mercato interno, e con Thailandia e Corea del Sud ha provato a contrastare questo effetto con tasse, regolamentazione e altre restrizioni sui movimenti di capitali.

Paulo Noguiera Batista, che rappresenta il Brasile e altre dieci Paesi nel board dell’Fmi, ha dichiarato che il paper continua a manifestare una “tendenza pro-liberalizzazione” e minimizza il ruolo dei Paesi ricchi nello stimolo alla volatilità dei flussi.

Il ministro delle Finanze brasiliano, Guido Mantega, ha minacciato più volte una guerra monetaria, criticando la Fed per il mantenimento dei tassi vicino allo zero, decisione che secondo lui avrebbe incoraggiato gli investitori a prendere in prestito capitali a basso costo in dollari andando a caccia di buoni profitti nei mercato emergenti.

Noguiera Batista ha dichiarato dunque che, “sebbene ci siano progressi rispetto alle vecchie previsioni, l’Fmi non è riuscita a dare risultati convincenti in questione. Non è stata riconosciuta l’importanza del danno che i flussi volatili di capitale possono arrecare ai Paesi verso cui sono destinati”.

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