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Perché difendo le idee in libertà di Fermare il Declino

Michele Arnese ha parlato del dibattito interno a Fermare il declino sul futuro del movimento.

Da un lato c’è chi ritiene che non ci siano le condizioni per stringere alleanze con partiti complici del declino del Paese se non al prezzo di snaturare il messaggio e il programma del movimento; dall’altro c’è chi pensa che sia possibile aggregare movimenti della società civile (a patto che“ci si parli tra simili”) attorno ad una proposta di radicale riforma dello Stato.

Una discussione pubblica, molto diversa dalle trattative nascoste delle segreterie di partito a cui siamo abituati da 65 anni.

C’è chi come Stefano Menichini, il direttore di Europa, l’ha definito “politicismo estremo”, una discussione fine a se stessa, roba da intellualoidi. Niente a che fare con le formule popolari di Pier Luigi Bersani che vuole “dare un po’ di lavoro”, “dare forza alle imprese”, “fare un po’ di giustizia sociale”, “far pagare a chi ha un po’ di più”.

Ma è politicismo un dibattito franco sui contenuti e sui mezzi adeguati a realizzare un percorso di riforme o l’enunciazione di slogan vuoti?

È politicismo legare le alleanze ad obiettivi quantificabili e sottoporre agli elettori una proposta concreta, oppure presentarsi senza un programma e rimandare tutto alla contrattazione post elettorale?

È politicismo essere chiari sulle alleanze con i propri aderenti prima del voto oppure chiedere loro una promessa di fedeltà alla coalizione“Italia bene comune” e intanto preparare il terreno ad un’alleanza con le“forze moderate” dopo le elezioni?

La situazione del Paese è critica ed è il momento di parlare chiaro agli elettori, niente promesse berlusconiane né armate brancaleone prodiane. Se partiti e apparati di destra e sinistra pensano di essersi salvati da Matteo Renzi e quindi di poter reinsediare personaggi della Seconda Repubblica – vedi la riapparizione di Massimo D’Alema, Rosy Bindi e Silvio Berlusconi – e restaurare riti della prima Repubblica – vedi il tatticismo di Bersani e Casini e l’opportunismo di chi accorre in soccorso del vincitore –hanno capito poco di cosa sta accadendo nella società italiana.

Gli italiani non subiranno passivamente un Congresso di Vienna della politica.

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