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Perché il Centro non sfonda (e lasciate stare Monti)

I sondaggi vanno sempre presi con le pinze, sempre, ma in questo periodo ancora di più: la corsa delle primarie del centrosinistra ha monopolizzato l’attenzione dei mass media e dunque quella degli elettori. Ma un segnale comunque viene dal corpaccione preelettorale dell’opinione pubblica italiana affamata, altroché disaffezionata, di politica: il centro non cresce, resta fermo, tutto compreso, attorno al 7 per cento, poco più.

Non bastano Udc, Fli, Italia futura, Fermare il declino, Todi 1 e 2, Zero+, l’ipotesi Albertini in Lombardia, quella Marchini a Roma, le altre varie associazioni sparse per fare una cosa nuova? Una cosa che esiste, si tocca, si vede? Non basta nemmeno un ministro del governo Monti, Andrea Riccardi, a risvegliare gli animi e a favorire aggregazioni? Non basta nemmeno lo spread sotto quota 300 a infondere un po’ di entusiasmo?

Molto ovviamente dipende dalla forte attrazione che un candidato riformista e liberaldemocratico come Matteo Renzi ha esercitato grazie alla sua partecipazione – e che partecipazione – alle primarie del centrosinistra. Però il problema è sempre il solito: la politica non ammette vuoti e gli elettori neppure.

Se l’offerta politica è frazionata, vaga, poco netta e poco chiara, dubbiosa, sempre in attesa che accada qualcosa e poi che accada qualcos’altro che non accade mai del tutto, beh, quell’offerta politica viene scartata per altre offerte più chiare e nette, soprattutto in tempi di crisi e di timori. Vedi quello che sta accadendo al centrodestra.

Il problema è che in fondo la crisi del centrodestra è più giustificata e ovviamente più naturale, vista la fine del governo precedente e dell’alleanza tra Pdl e Lega nord, dopo il sostegno del Popolo della libertà al governo guidato da Mario Monti. Ma la crisi del centro è molto, ma molto meno giustificata. Anche perché in fondo tanti leader del cosiddetto centro avrebbero armi e meriti elettorali da mettere in campo. Pierferdinando Casini può spendere il fatto che da anni aveva capito che il centrodestra a trazione berlusconiana finiva così. Gianfranco Fini può spendere il fatto che da anni aveva capito che il governo a trazione berlusconian-tremontiana finiva così. Luca Cordero di Montezemolo può spendere la sua storia personale di imprenditore del Made in Italy nel mondo e ha da tempo messo in moto una macchina per la creazione di un movimento montiano, prima ancora che Monti arrivasse a Palazzo Chigi. Oscar Giannino e gli altri fondatori di Fermare il declino hanno dimostrato di saper cogliere l’attimo per creare dal nulla e in poco tempo un movimento vivo e perfino pasionario che propugna con forze idee pro crescita e pro libero mercato e pro innovazione, con un programma di cose concrete da fare dettagliato e ambizioso.

Eppure, eppure… il centro fatica, sonnecchia, attende, semmai organizza un convegno, poi una convention, poi l’assise, intanto si divide: Tizio non vuole Caio che ha litigato con Sempronio. Insomma la barzelletta dei liberali che in tre fanno quattro correnti e due elettori si ripropone ma fa sempre meno sorridere.

Si dice: “Però è dura per il centro organizzarsi e diventare grande perché Mario Monti non si può candidare”. Questo appare più un alibi che una ragione vera. Perché in fondo è stato lo stesso Monti a dare la linea, parlando con Fabio Fazio a Che tempo che fa: oggi non è il momento della leadership, è il momento delle idee, dell’agenda, dell’unione delle forze contro le istanze corporative e conservatrici, poi il leader arriva, magari di conseguenza e magari quando meno te l’aspetti e magari persino arriva IL leader preferito, quello che ora non osi nemmeno sperare che accetti di essere designato premier.

Il problema, però, è che bisogna che questo leader trovi una casa, un movimento di idee e di opinioni e di persone che propongono – ecco l’offerta politica che deve essere chiara e netta – un’agenda di riforme e di rigore credibili per la crescita di questo paese. Perdonando la semplificazione giornalistica, si potrebbe chiamare “Agenda Monti”.

(sintesi di un’analisi più ampia che si può leggere qui)


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