Gli egiziani torneranno domani in piazza. Questa volta la convocazione è stata fatta dai partiti e gruppi dell´opposizione che chiamano la popolazione a manifestare davanti al palazzo presidenziale contro il decreto che attribuisce (più) poteri speciali a Mohamed Morsi e per contenere il referendum sul progetto di Costituzione. Sarà un evento pacifico ma “l´ultimo avvertimento per Morsi”, secondo l´agenzia di notizie Middle East News Agency (Mena). Tra i promotori di questa nuova protesta che aumenterà le tensioni in Egitto ci sono Mohamed ElBaradei, ex capo dell´agenzia nucleare dell´Onu, il movimento della Courant popolare dell´ex candidato alle presidenziali Hamdeen Sabbahi e altri movimenti giovanili.
Queste manifestazioni, sempre più ricorrenti e piene di tensione, sono in contrasto con l´immagine positiva della quale gode Morsi all´estero. Mentre piazza Tahrir era presa dai protestanti, la rivista “Time” dedicava proprio a Morsi la copertina con il titolo: “L´uomo più importante del Medio Oriente”. Sul significato di questa contradizione tra l´immagine moderata offerta dall´Occidente da Morsi e sulla Fratellanza Musulmana si è occupata la giornalista Elisa Ferrero, esperta dell´Egitto, in un´analisi pubblicato dall´ Istituto per gli studi di politica internazionale. Il contrasto deriva dalla ricerca di stabilità in Medio oriente da parte dell´Occidente e la voglia di democrazia degli egiziani; due questioni che non sempre vanno in simbiosi.
Secondo Ferrero, c´erano comportamenti della Fratellanza Musulmana che potevano far prevedere la loro linea anti-democratica: “La Fratellanza Musulmana è un´organizzazione non democratica, con una struttura chiusa, familistica, gerarchica, votata all´obbedienza tramite uno speciale giuramento, poco trasparente sulle sue fonti di finanziamento e restia alle riforme”.
Nel 2010, prima che scoppiasse la rivoluzione, la dirigenza della Fratellanza Musulmana si è pronunciata a favore della rielezione di Mubarak o di suo figlio Gamal e, durante la rivolta, si è seduta al tavolo delle trattative con il regime. Secondo Ferrero ci sono voci che segnalano Morsi come uomo di contatto tra i Fratelli Musulmani con l´intelligence militare e il regime di Mubarak.
Dopo la rivoluzione c´è stata la speranza di un cambiamento democratico all´interno dell´organizzazione ma nel processo di transizione si è evidenziato l´obiettivo: la conquista del potere. Per Ferrero, “fin dall´inizio i Fratelli Musulmani hanno spinto per tenere elezioni parlamentari prima della riscrittura della Costituzione (insistendo, tra l´altro, per una legge elettorale palesemente incostituzionale), perché ciò avrebbe permesso loro – come infatti è avvenuto – di vincere la maggioranza in Parlamento e controllare, dunque, i passi successivi della transizione”.
Invece di riformare la polizia e il Ministero degli interni, Morsi ha attaccato la magistratura e non ha modificato i privilegi dell´Esercito, limitandosi a sostituirne i vertici che sono rimasti impuniti. Per questo la svolta autoritaria di Morsi non dovrebbe sorprendere: è la naturale inclinazione autoritaria della Fratellanza Musulmana, sulla quali gli egiziani non vogliono più affidare la speranza di un cambiamento democratico.