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Povera Italia, sveglia!

 

 

Qualche berlusconiano della prima e dell’ultima ora avrà di sicuro pensato: ecco, da quando a Palazzo Chigi non c’è più l’odiato Silvio Berlusconi i numeri pessimi sull’economia italiana non finiscono più sulle prime pagine dei principali quotidiani.

E magari qualche maligno, o dietrologo, avrà pensato che in tempi di premier in loden e dai toni british, e con un’Italia sotto osservazione sui mercati internazionali, è preferibile relegare le cattive notizie nelle pagine interne, dove si parla più che altro di finanza, quindi dopo aver sfogliato gran parte dei quotidiani.

Non serve fare nomi di testate. Resta il fatto. E una domanda, anzi tre: si sta sottovalutando la situazione che si sta incancrenendo? Oppure non si vuole fomentare con dati poco confortanti pulsioni politiche populistiche alla Grillo? Invece non sarebbe l’occasione di parlare di come invertire la tendenza con politiche non più e non solo austere?

Sta di fatto che i numeri restano tali.

La sostanza è chiara: l’Italia vive un vero e proprio allarme povertà. I dati diffusi ieri dall’Istat, che vedono oltre un quarto degli italiani a rischio povertà o esclusione sociale, sono destinati a peggiorare. L’ha sottolineato oggi il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, intervenuto a “L’economia prima di tutto” su RadioUno.

I dati infatti “non tengono conto ancora della difficile situazione del 2012, quindi le cifre sulla situazione della povertà in Italia sono destinate a peggiorare nel corso dell’anno. La situazione – ha spiegato Giovannini – è molto difficile: avere quasi un terzo di italiani a rischio povertà ed esclusione è un dato molto elevato, che segnala la difficoltà di famiglie che non riescono a far fronte a una spesa improvvisa oppure non riescono a riscaldare adeguatamente il proprio appartamento, oppure hanno tagliato le spese alimentari”.

Giovannini ha poi parlato della situazione generale del Paese, aggiungendo che “il dato di ottobre della produzione industriale è stato peggiore delle attese, dunque anche nel quarto trimestre del 2012 il Pil sarà in calo, portando la recessione a quota sei trimestri consecutivi. Ma questo non vuol dire che un recupero non sia possibile: molto dipenderà da quello che succederà nel resto del mondo, soprattutto Stati Uniti e Cina, dove ci sono segnali di ripresa economica, mentre invece preoccupa il rallentamento in Europa di Francia e Germania”.

I dati sulla povertà diffusi ieri dall’Istituto di statistica vedono un peggioramento di 2,6 punti percentuali rispetto al 2010, a causa dall’aumento della quota di persone a rischio di povertà (dal 18,2% al 19,6%) e di quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all’11,1%). Dopo l’aumento osservato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) è la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro. Il rischio di povertà o esclusione sociale è più elevato rispetto a quello medio europeo (24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una media dell’8,8%) e del rischio di povertà (19,6% contro 16,9%).

Un’ulteriore conferma della situazione piuttosto preoccupante era arrivata qualche giorno anche dal Censis, che in un rapporto aveva dimostrato il cambio delle abitudini delle famiglie italiane per far fronte alla crisi. In due anni 2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro o gioielli, l’85% ha eliminato sprechi ed eccessi, il 73% va a caccia di offerte, il 62,8% ha ridotto gli spostamenti per risparmiare benzina. In fine 2,7 milioni di italiani coltivano ortaggi da consumare ogni giorno. Sono dati che configurano, nella definizione del Censis, un vero e proprio “smottamento del ceto medio”. “Il reddito medio degli italiani si riduce a causa del difficile passaggio dell’economia, ma anche per effetto dei profondi mutamenti della nostra struttura sociale, che hanno affievolito la proverbiale capacità delle famiglie di produrre reddito e accumulare ricchezza”, spiega l’analisi. A fronte di un simile calo dei redditi, se negli ultimi vent’anni la ricchezza netta delle famiglie è aumentata del 65,4%, spiega il Censis, è grazie soprattutto all’aumento del valore degli immobili posseduti (+79,2%), laddove, invece, nel corso degli ultimi dieci anni la ricchezza finanziaria netta è passata invece da 26.000 a 15.600 euro a famiglia, con una riduzione del 40,5%.

 

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