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Re Italo nel Paese del debito pubblico

Re Italo, secondo il mito, visse sedici generazioni prima della guerra di Troia e condusse il suo popolo, gli Enotri, da una vita nomade ad uno status stabile, stanziandosi nell’estrema propaggine delle coste europee, nell’attuale istmo di Catanzaro. Dalla selvaggia Calabria insomma, con furore, alla conquista dell’intera penisola. Così potrebbe essere nata l’Italia. L’Italia, dove le donne si svegliano all’alba per cucinare, come diceva la voce fuori campo di uno spot televisivo di qualche anno fa. Italia, sei lettere, una parola che trasmette gioia. Se l’Italia fosse un colore, sarebbe un pastello, chiaro ma vivo. Un colore mediterraneo. Se fosse un suono sarebbe quello del vento che accarezza il mare e abbraccia le Alpi. Se fosse un animale sarebbe un toro, per citare Domenico Romanelli, testardo e vincente. Se fosse una bevanda sarebbe un fruttato e morbido vino rosso, dissetante. Se fosse una donna, sarebbe formosa, attraente, elegante, una Miss con un dolce e fragile sorriso. Bell’affresco. Ma surreale.

Questa mattina mi sono svegliato con uno strano mal testa, come se ieri sera mi fossi bevuto – da solo – una bottiglia di rum Matusalem di Santiago de Cuba invecchiato di quindici anni. Poi, appena ho letto il tweet di Mario Adinolfi mi è partito definitivamente l’embolo. Una implosione, un senso di rabbia, forti palpitazioni, nervosismo misto a paura. La paura incontrollabile di una certezza. Quella di non andare avanti. Italia oggi è una parola che è diventata sinonimo di stagnazione, paralisi, stasi, staticità, immobilismo, inerzia, stallo.

“Il debito pubblico italiano ha ufficialmente superato i 2000 miliardi di euro. La rapina dei padri ai danni dei figli ha questo bottino”.

2mila miliardi di debito pubblico! (Fonte: Bankitalia). Ecco come possono centoquaranta caratteri rovinarti la giornata, la vita, il futuro. Un record in negativo. E’ il livello più alto mai raggiunto nella storia dell’Italia, dalla prima Repubblica ad oggi. La colpa è dei nostri padri? Forse sarebbe meglio dire che è colpa della loro generazione.

I giovani di oggi sono come quelli di ieri? Assolutamente no.

Mario Adinolfi ha fatto bene a ricordarcelo e ha tutta la mia stima perché, da giornalista e blogger filo renziano, ha avuto il coraggio di battersi contro l’apparato da insider, per cambiare totalmente registro, per rottamare, a favore del ricambio generazionale. E poi lo stimo anche perché è l’unico deputato della Repubblica italiana che è anche un poker player professionista. E questo, assieme alla sua barbona rossa, mi fa simpatia.

Un altro “giovane”, stiamo parlando di under quaranta, Michel Martone, viceministro al Lavoro e alle Politiche Sociali del Governo Monti, a Ballarò qualche giorno addietro ha dichiarato:

“Quest’anno pagheremo 83 miliardi di euro di interessi (sul debito pubblico, ndr), saranno 89 l’anno prossimo e diventeranno 100 tra due anni”.

Quindi, cosa fare? Per uscire da questa situazione dobbiamo uscire dalla logica dei tutti uguali, ma dare di più a chi merita di più.

Punto.

Vorrei che in Italia di Immobile ci sia solo e soltanto Ciro, giovane talento calcistico del Genoa, e niente altro…

Daniele Urciuolo

President The Freak



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