Aleppo, (TMNews) – La città vecchia di Aleppo non aveva conosciuto devastazioni simili dal tempo dell’invasione mongola. Otto secoli fa.
Gli stretti vicoli che una volta formicolavano di gente e commerci si sono trasformati in un labirinto di fronti di guerra in continuo spostamento, mentre nel cielo si sente il rombo dei jet da combattimento che sorvolano la città assediata.
Per oltre tre millenni, Aleppo è stata un crocevia obbligato per gli scambi di continenti interi, ora le strade sono tappezzati di teli per ostacolare le traiettorie di mira dei cecchini e chi è costretto ad attraversare lo fa correndo.
Un posto di blocco organizzato dai ribelli per impedire i furti degli sciacalli registra i nomi e le targhe delle auto, permettendo l’accesso solo a chi può dimostrare di avere un negozio oltre questo punto.
Il fetore dei rifiuti mischiato a quello della cordite ha sostituito gli inebrianti profumi delle spezie che una volta si rincorrevano in queste strade, oggi marchiate dalla guerra civile. In fondo a uno di questi vicoli, Khaled, un ex elettricista mostra una telecamera a raggi infrarossi che sta per installare al fine di monitorare l’attività dei cecchini. Ne ha già piazzata quattro, in un intrico di cavi che pendono squallidi dai muri della città in ginocchio.
Da lontano giunge la cantilena del muezzin che invita i credenti alla preghiera. Non c’è più corrente per amplificare l’appello e la sua voce si liquefa in un’eco che rimbalza sui muri della case, ripresa solo dal rimbalzare maligno dei proiettili. Il cuore della città vecchia di Aleppo batte al ritmo dei tamburi di bronzo di una guerra senza fine.